L’anomalia italiana
e le destre europee

Le destre di mezza Europa pasteggiano a champagne, mentre da noi c’è chi banchetta con i voti di Forza Italia: l’anomalia del laboratorio Italia è tutta qui. I partiti liberal conservatori, in questa fase, hanno il vento in poppa: l’inglese Cameron ha vinto le elezioni, lo spagnolo Rajoy ha messo sul piatto la crescita economica più forte degli ultimi sette anni, in Francia è risorto Sarkozy, in Germania la Merkel è di una solidità insuperabile e comincia persino a raccogliere qualche insospettata simpatia.

L’equivalente locale di questa metà campo, Forza Italia, s’è declassato a partito passeggero, una tendopoli di clan rissosi pronti alla separazione e a corto di liquidità che, ferita dai numeri spietati in Trentino, Alto Adige e Val d’Aosta, rischia di essere avvistata con il lanternino alle regionali di fine mese. La Lega, l’alleato cannibale degli azzurri, ringrazia e festeggia: la competizione fra i due partiti dice che Salvini, pioniere dell’ignoto, ha le potenzialità per conquistare il primato della destra. E soprattutto c’è un irriconoscibile Berlusconi in tutt’altre faccende affaccendato, destinatario di una domanda impietosa: è ancora un valore aggiunto? Nel partito casting non c’è una classe dirigente di ricambio, non è scalabile, introvabile la polpa: un progetto culturale, un’idea di società. Succedono, come hanno segnalato alcuni giornali americani, almeno due cose: l’Europa cerca di uscire dalla lunga crisi andando (o restando) a destra, mentre l’anomalia è l’Italia dove è la sinistra che interpreta meglio la realtà del Paese.

Era lecito pensare, dinanzi alle piaghe sociali e all’impopolarità delle ricette liberiste e pro business, un rilancio in Europa dei progressisti. Invece no: i conservatori hanno saputo rendere popolare l’austerità virtuosa e hanno contrastato l’unità di misura dell’ingiustizia, cioè la disoccupazione (in Inghilterra è scesa al 5,6% contro la media europea del 12%). Nella percezione degli elettori sono partiti riusciti a dare risposte credibili per uscire definitivamente dalla crisi, certo con tutte le ambiguità del caso e parlando anche alla pancia in un’epoca in cui i cittadini chiedono sicurezza, ma arginando in ogni caso l’offensiva populista: così in Francia, Inghilterra e Germania. Esattamente l’opposto del quadro italiano, dove l’unica destra disponibile su piazza è quella populista di Salvini, pendant dell’ibrido grillismo, con gli orfani moderati in prestito a Renzi, sotto l’ombrello dell’astensione o calamitati dall’avventura leghista. Forza Italia sulla via dell’irrilevanza non può inseguire la Lega, pena il suicidio, mentre deve constatare che una parte delle sue parole e della sua agenda gliel’ha sottratta il capo del governo. «Sopravvivere al cappio di Renzi», ha titolato il «Foglio» con un tocco di tristezza, che spiega molto della paralisi dell’ex partito egemone del centrodestra. Le democrazie ormai, piaccia o meno e non sempre è uno spettacolo esaltante, sono segnate dalla leadership: è il condottiero che fa la differenza e che fa saltare gli schemi precostituiti. Il «partito della nazione», che ancora nessuno ha capito di cosa si tratti e qualunque cosa significhi, è comunque già stato realizzato da quel 40,8% dato al renzismo alle europee dell’anno scorso: è cambiato l’elettorato.

Sfondamento al centro e attitudine da ceto medio, mettendo insieme tutto, presidiando il campo moderato e tentando di assorbire e recintare l’opposizione nel Pd. È questo l’orizzonte che Renzi insegue di nuovo con le regionali, ma il Pd pur vincendo non vola più. La fine tecnica della recessione è incoraggiante, benché non cambi la vita delle persone. Nel frattempo c’è la buccia di banana delle pensioni e, soprattutto, sono in campo gli arrabbiatissimi insegnanti: due mondi che rappresentano lo zoccolo duro del centrosinistra con un effetto antipatizzante sul premier che si lega alla fronda della sinistra interna. Un Renzi pur sempre vincente prenota le regionali che, per traslochi e impresentabilità di candidati periferici, si rilevano fra le più pazzerelle. Un esame verità per il leader democrat: mantenere la virtuosa anomalia di un centrosinistra che nella solitudine europea continua a prendere voti, anche per demerito altrui, non è un pranzo gratis.

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