Madre Teresa
illumini i ricchi

Nello stesso momento in cui in Piazza San Pietro ieri mattina Papa Francesco proclamava santa Madre Teresa di Calcutta a migliaia di chilometri di distanza in Cina i venti uomini più potenti della Terra si allineavano per la foto ricordo del G20, l’ennesimo summit convocato per rilanciare l’economia «con ogni strumento possibile». Bergoglio ha scelto Madre Teresa per contrassegnare il Giubileo della Misericordia e la canonizzazione di ieri resterà nella memoria come l’icona perfetta e l’evento centrale dell’Anno santo. Ma ha scelto anche Madre Teresa per ribadire che i potenti della terra devono riconoscere le loro colpe davanti ai crimini della povertà «creata da loro stessi». È la prima volta che il Papa usa una parola così severa, inflessibile e grave come «crimine» in un’omelia, oltretutto ripetendola due volte.

Chissà se al G20 qualcuno ha ascoltato le sue parole e ha pensato alla piccola suora che viaggiava per il mondo solo per far risuonare la voce dei poveri nelle orecchie dei potenti. Indicava i drammi con il dito, senza alcuna paura, compreso quello dell’aborto, denunciava le pratiche e le leggi inique che portavano a scartare la vita e ad abbandonarla nelle strade delle periferie delle città, a sfruttarla fino allo sfinimento. Invitava a guardare, a vedere la miseria e la morte, a non aver timore di abbracciare chi moriva.

Non ha fondato ospedali ma ha spiegato come si fa a restituire dignità a chi viene ucciso dall’economia e dalla solitudine. Prese a farlo che neppure si sapeva cosa fosse la globalizzazione. Quando negli anni ’50 cominciò a tirar su moribondi per le strade di Calcutta solo perché trovassero nell’attimo della morte una salvietta per il sudore e un abbraccio, il mondo galoppava con allegria verso straordinari traguardi economici. Cominciava la rapina delle materie prime, scoppiavano le prime guerre per le risorse. E la schiera dei dannati della terra si faceva ogni anno più folta. Adesso che Madre Teresa è Santa le cose non sono affatto cambiate, anzi sono peggiorate. La povertà è aumentata, le diseguaglianze pure, la globalizzazione uccide.

Eppure mentre Bergoglio pronunciava in latino la formula sulla santità di Madre Teresa, i venti più potenti non hanno nemmeno per un istante indugiato sull’idea di rilanciare l’economia «con ogni strumento possibile», cioè con tutti quegli strumenti che fanno scomparire perfino le lacrime dal volto dei poveri, tanto la loro condizione diventa disperata.

Madre Teresa non ha fatto in tempo a vedere fino in fondo i guasti della «globalizzazione dell’indifferenza», che Bergoglio continua a denunciare. Ma ne aveva intuito nettamente gli effetti in ogni campo: da quello della vita nascente agli anziani, dagli immigrati ai disabili, dai fuori casta indiani agli ultimi di tutte le periferie del mondo. Diceva a chi intendeva abortire di tenere il bambino e consegnarlo a lei. Prendeva nelle sue case handicappati gravissimi destinate alla morte. Accettava chiunque venisse scartato.

Ad un certo punto il mondo si accorse di lei. Le diede pure il Nobel, le attribuì onore. In realtà il mondo si è sempre lavato le mani davanti a Madre Teresa. Lei non se ne dava pena. Sapeva che il mondo è fatto così e continuava ad amare i poveri e ha denunciare quelli che ieri il Papa ha chiamato «i crimini della povertà»: «La sua missione nelle periferie delle città e nelle periferie esistenziali permane ai nostri giorni come testimonianza eloquente della vicinanza di Dio ai più poveri tra i poveri».

Le interessava solo l’amore, amore senza ideologia, ha precisato Bergoglio, senza cioè che qualcuno si metta in testa di doverne misurare l’efficienza. Le bastava la misericordia. E ieri Bergoglio ha precisato che «non esiste alternativa alla carità». Per questo la canonizzazione è il vero centro dell’Anno santo della misericordia. La misericordia non si misura, non si pesa, non risulta da un contratto che valuta la qualità della domanda e l’utilità dell’offerta.

Non è così per la semantica del Vangelo, non è stato così per Madre Teresa, che mai potrà essere solo patrona della Protezione civile globale. A volte di fronte alla sofferenza più terribile un abbraccio vale di più di mille medicine e di mille parole. Ma ciò non significa che Madre Teresa allora e le sue suore oggi siano rassegnate di fronte alle povertà e alla sofferenza, ineluttabile destino dei poveri, dolore come strumento di espiazione del peccato personale e globale. La loro opera è insieme aiuto immediato e denuncia delle cause. E pagano anche in prima persona, come le quattro suore uccise in Yemen dove gestivano un casa di accoglienza per anziani poveri, Paese dove non c’è neppure un cattolico. Basta vederle in giro con quell’abito, il quale dice tutto subito e lo dice con chiarezza, richiamando l’icona assoluta di Madre Teresa Santa dei poveri che cocciutamente illumina la strada dei ricchi. Anche nel giorno della canonizzazione.

© RIPRODUZIONE RISERVATA