Trasporto pubblico
scelte politiche

Partiamo da un dato incontrovertibile: biglietti e abbonamenti del trasporto pubblico locale coprono il 35% del costo del servizio in Lombardia. Il resto è tutto finanziamento pubblico. Quindi c’è poco da fare poesia, se manca (o si riduce) quest’ultima voce, delle due l’una: o si tagliano i servizi, o si aumentano i biglietti. Tertium non datur. Quindi la scelta diventa solo ed esclusivamente politica, e decisioni come quelle di tagliare continuamente i fondi vanno in direzione opposta al buon senso.

Due altri numeri per inquadrare meglio la situazione: 7 per cento di taglio delle risorse per il Tpl negli ultimi 10 anni nella nostra provincia. Risorse, nota bene, ferme dal 2004: un’altra era, sicuramente più felice. Per tutti, anche per le aziende di trasporto, che solo nella Bergamasca vantano attualmente crediti nei confronti degli enti pubblici per 7 milioni di euro.

Tutto in un panorama che sta velocemente cambiando, con player sempre meno locali e sempre più internazionali. Chi pensa che salendo su un pullman della cara vecchia Sab paghi il suo biglietto a piazzale Marconi, si sbaglia: finisce tutto a Potsdamer platz, Berlino, nella prestigiosa piazza che ospita la sede di Deutsch Bahn, le ferrovie tedesche. Che di italiano ha solo il nome del progettista, Renzo Piano. Potenza di un mercato che si sta facendo sempre più grande da un lato e piccolo dall’altro: grande perché lo scenario ha dimensioni transnazionali, piccolo perché i giocatori sono sempre di meno, seppure con le spalle larghe. Basti pensare che Db ha acquisito Sab rilevando l’inglese Arriva, la prima a fare shopping in piazzale Marconi, e che i suoi competitor sono colossi come i francesi di Keolis o Veolia Transdev.

Il che ha il suo peso, perché è noto che le tariffe degli altri Paesi sono ben più elevate delle nostre. Si potrà obiettare, a ragione, che anche la qualità del servizio lo è, ma la verità è più probabilmente un’altra: le cose lì funzionano perché tutti ci mettono di più, dagli enti pubblici alle società di gestione passando per gli utenti. E a chi obietta che gli stipendi sono mediamente più alti, va ricordato che lo sono per tutti, quindi incidono anche sul costo del lavoro delle aziende, comprese quelle di trasporto. La differenza la fa semmai il ruolo centrale che questo assume nelle dinamiche sociali, e scelte che vanno di conseguenza. A tutti i livelli: dagli investimenti alla programmazione e razionalizzazione, concetti quanto mai opinabili alle nostre latitudini.

Torniamo appunto sul piano locale, dove vanno evidenziate almeno tre criticità. La prima: con gli attuali chiari di luna c’è poco da spendere, e gli enti locali lo sanno bene. La seconda: il territorio bergamasco è molto vasto, dispersivo e con tanti comuni, molti montani e con una domanda di trasporto quantitativamente poco rappresentativa, ma alla quale bisogna comunque dare risposta. La terza, questa necessaria attenzione al territorio potrebbe anche venire meno di fronte a scenari sempre più grandi e dove le decisioni strategiche vengono prese a migliaia di chilometri da qui. Può sembrare un esempio banale, ma se un tratto tra un paesino della Turingia ed Erfurt rende 2 volte di più della Bergamo-Branzi, dove per giunta i biglietti costano la metà e il tasso d’evasione è il doppio (altro nervo scoperto…) qualche domanda dalle parti di Berlino prima o poi potrebbero cominciare a farsela. E le risposte potrebbero non essere particolarmente piacevoli, perché se è vero che il trasporto ha una natura intrinseca di servizio pubblico, lo è pure il fatto che nessuno lavora in perdita.

Il che riporta al centro il ruolo della politica e la sua capacità di fare delle scelte prima ancora che giocare allo scaricabarile istituzionale. Il momento è difficile, le prospettive rischiano di essere se possibile ancora peggiori e bisogna avere l’onestà intellettuale di ammetterlo piuttosto che limitarsi a lisciare il pelo ad un’utenza legittimamente esasperata: se il trasporto pubblico è un’ emergenza (e lo è) servono decisioni conseguenti, capaci cioè di stabilire precise priorità. Se la Regione ha in questi anni investito pesantemente (nonostante i tagli di governi di qualsivoglia colore politico) sul versante dei treni e delle autostrade, forse ora è il caso di volgere lo sguardo agli autobus piuttosto che pensare a pindarici voli sugli aeroporti, come si sente dire da quando il dossier Sea-Sacbo ha iniziato a circolare nelle stanze che contano. Meglio rimanere con i piedi ben saldi per terra, magari alla fermata di un autobus qualsiasi. E decidere, prima che qualcun altro lo faccia per noi.

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