Il Colle e i cachi

A differenza degli scavi di Pompei, nel nostro Paese l’ufficio complicazioni è sempre aperto. Come avevamo ipotizzato, il presidente Napolitano lascerà l’incarico entro fine anno, in coincidenza con la conclusione del semestre italiano a guida dell’Europa. Una scelta determinata dall’età (i prossimi sono novanta), da problemi di salute, dalla farsa degli avvocati di Totò Riina al Quirinale e forse dalla delusione di non potersi ritirare con un panorama politico ed economico più sereno.

Re Giorgio si arrende e il suo passo di lato ha già scatenato la canea del toto presidente. Con tanto di lista dei candidati (si va da Prodi a Fassino, da Letta ad Amato, dalla Finocchiaro alla Pinotti, in attesa che Grillo annunci Rodotà perché Fedez non ha l’età) e composizione delle pattuglie di sherpa che sonderanno sotto traccia i partiti per verificare possibili convergenze. Insomma, è partita la rincorsa alla successione.

Tutto questo in un panorama di instabilità massima, mentre Renzi prova non senza errori d’approccio ad attuare le riforme strutturali contro un fortissimo schieramento conservatore, prigioniero delle rendite di posizione (burocrazia, caste, sindacati). E mentre l’Europa ci osserva come si guardano i bambini in attesa di capire se sarà più terapeutica una caramella o uno scappellotto. La sindrome greca non è esorcizzata, la speculazione è pronta a ripartire a colpi di spread e la nostra credibilità nella stabilità – garantita anche dal capo dello Stato – vacilla di nuovo. Con mille problemi sul tavolo, l’inverno imporrà anche quello della successione al Colle a un Parlamento senza una legge elettorale seria, prima di andare eventualmente al voto. Bentornati nella terra dei cachi, è pure la stagione.

© RIPRODUZIONE RISERVATA