La tempesta imperfetta

Una tempesta così perfetta da rimanere dentro i cinema. New York è salva, Juno si è abbattuta sulla capitale del mondo, ma invece di congelarla per settimane, di paralizzarne i trasporti e di ispirare i prossimi tre film catastrofici sul tema, sì è limitata a rilasciare un certo numero di fiocchi di neve che hanno imbiancato Central Park come un pandoro.

Venticinque centimetri che in foto sembrano dieci e che tutt’al più avrebbero potuto mandare in tilt Roma. La società della spettacolarizzazione ne esce con le ossa rotte e i famosi meteorologi americani, che spalmano di previsioni giornali e canali televisivi, ancora di più. Ieri mattina, mentre la vita a Manhattan è ripresa come se niente fosse, gli esperti di isobare si sono affrettati a chiedere scusa e hanno dato la colpa al vento, che non essendo così gelido come doveva, ha impedito alla perturbazione di trasformarsi in un tritaghiaccio da cocktail.

La nevicata del secolo avrebbe ora come obiettivo Boston, 450 chilometri più a nord, a conferma che nel prevedere a spanne sono bravi tutti. Ma la sensazione è che il vero epicentro della tempesta sia la scrivania del sindaco di New York, Bill de Blasio, accusato dal variegato mondo dei media per «procurato allarme». È un classico, ha chiuso la città per un eccesso di precauzione e adesso dovrà giustificarsi. Se avesse fatto il contrario, limitandosi a indossare i moon boots per andare in ufficio, ora verrebbe accusato di pressappochismo. Per uscirne vivo dovrebbe fare come la tempesta Juno: non leggere i giornali per un paio di giorni.

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