Monopoli al fresco

Il caldo si fa sentire e, in questo luglio da annali, rivaleggia con il debito greco nel toccare punte mai viste, o meglio percepite.

Fra chi vive ai piedi delle Orobie c’è il diffuso rimedio della «casetta in Canadà», ovvero la disponibilità sui monti di un buen retiro sotto forma di capanno, chalet, seconda casa, cascina dei nonni o villino da televendita. Per i più fortunati questo è il dolce naufragare della sera, dopo una giornata in ufficio. Ripidi tornanti per salire in quota, prati e conifere per ossigenare occhi e polmoni, famigliola in attesa, benvenuto festante e cena nostrana, con la luce fioca di un incerto pannello solare.

Cellulari e tablet, riposti in un angolo e senza campo, lasciano il posto a dialogo e lettura, ma anche ad una partita con il Monopoli di una volta. Si compra e si vende, temendo di finire su Viale dei Giardini o Parco della Vittoria, con relativo pegno di duecentomila lire da pagare. C’è tanta poesia in ogni gesto, così come nella notte stellata con le cicale. Al mattino si torna al lavoro, con in tasca la lista della spesa e la necessità di ricaricare il cellulare. Ti accorgi che di quel mondo frenetico laggiù in fondo alla Valle, fatto di industrie, uffici, traffico, bollette e whatsapp non si può fare a meno.

Vorremmo restare beatamente in quota, oppure a specchiarci nel Mediterraneo da penisola spensierata, ellenica o italica che sia. Un idillio possibile, ma a patto che piacere faccia rima con dovere. Fuggire dalla congiuntura torrida di questi anni con in mano soltanto i soldi finti del Monopoli è, fuor di dubbio, un poco azzardato. Raccontiamocelo in euro, dracme o lire, ma prima o poi si passa da Parco della Vittoria. Che è sempre in fondo alla valle o dietro la scogliera.

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