Nebbia sul Canale

Il grigio fumo di Londra è una notizia. È davvero curioso scoprirlo in un giorno d’inizio novembre 2015 leggendo su numerosi media internazionali della nebbia che avvolge la capitale britannica e del conseguente clamore.

Il Tower bridge avvolto dalla nebbia, il taxi nero che sbuca dalla nebbia, Trafalgar square un’ipotesi laggiù in mezzo alla nebbia: sono foto che abbiamo visto mille volte anche per colpa delle pellicole in bianco e nero, ma che proposte oggi fanno comunque effetto. Anche perché qualche disagio lady fog l’ha creato: tutti gli aeroporti di Londra sono in difficoltà, Heathrow ha cancellato 50 voli, i mezzi pubblici viaggiano in ritardo (suprema vergogna) e la polizia ha emesso un bollettino nel quale si consiglia agli automobilisti di rallentare in mancanza di visibilità.

La situazione dev’essere davvero d’emergenza perché la letteratura (e anche un po’ la frequentazione a singhiozzo di quei luoghi) ci aveva indotto a credere che in certe stagioni la nebbia facesse parte del panorama naturale, addirittura del lifestyle dell’Inghilterra. Ricordiamo gli scenari nebbiosi che avvolgevano le storie di Sherlock Holmes, gli scorci descritti da Henry James e Daniel Defoe. Chiaro che quella non era solo nebbia, ma anche fumo di carbone prodotto dalle industrie in un’altra era sociale. In fondo smog deriva proprio dalla crasi fra smoke e fog. Ricordiamo soprattutto quel titolo provocatorio del Times: «Nebbia sul canale, continente isolato» per sottolineare quanto noi poveri continentali avessimo bisogno della protezione di sua maestà. Londra in crisi da nebbia ci dice quanto mister Bean stia diventando europeo. Poi arriverà il vento dal mare e spazzerà via tutto, anche i luoghi comuni.

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