Elogio alla gentilezza
per egoisti e maleducati

Non è più tempo di farsi spazio a gomitate: l’arroganza è out, va di moda la gentilezza. È una tendenza emergente, dalla narrativa al cinema («Sii gentile e abbi coraggio» è il mantra della Cenerentola shakespeariana di Kenneth Branagh).

C’è addirittura un movimento internazionale che promuove questa «controcultura»: il World kindness movement, in Italia rappresentato dall’associazione Gentletude. Da leggere «Elogio della gentilezza» (Ponte alle Grazie) di Adam Phillips (psicanalista) e Barbara Taylor (storica), che prova a spiegare, prima di tutto, perché la generosità e la sensibilità verso gli altri siano controcorrente nella società di oggi, dove narcisismo e autoreferenzialità sono malattie comuni: «In un certo senso la gentilezza è sempre un azzardo, perché si fonda sulla sensibilità nei confronti degli altri, sulla capacità di identificarsi con i loro piaceri e le loro sofferenze. Mettersi nei panni degli altri, come si usa dire, può essere scomodo».

Ma allora, che fare? Secondo George Saunders, autore de «L’egoismo è inutile. Elogio della gentilezza» (Minimum Fax) si può migliorare in molti modi: «Studiare serve. Immergersi in un’opera d’arte serve. Pregare serve. Fare meditazione serve. Avere una spiegazione franca con un caro amico». E se davvero coviamo il desiderio di innescare un cambiamento, meglio iniziare a instillarlo nei piccoli: utile il «Galateo per i miei figli. Consigli senza tempo per i gentiluomini di domani» (Corbaccio) di Alexi Lubomirski. Gentiluomini, in questo libro piccolo e delicato, non è una parola a caso: presenta le buone maniere non come regole vuote ma come manifestazione di armonia ed equilibrio. Un’idea vincente.

Sa. Pe. 

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