Papini, da Bergamo a Teheran
«Vince il valore della sartorialità»

Da Cisano a Teheran c’è una storia di imprenditorialità e un lungo lavoro commerciale. Giuseppe Papini, maison made in Bergamo che veste le spose e conosciuta in tutto il mondo per la sartorialità dei suoi abiti raffinati, approda in Iran, Paese politicamente ed economicamente molto caldo dati i problemi legati al programma nucleare portato avanti dello Stato mediorientale.

A contattare la casa di moda che ha sede a Bergamo – con tre monobrand in giro per l’Italia – due imprenditrici iraniane 40enni, Azra Kamrava e Sahar Reisi. La prima conosce molto bene l’Italia: diplomata alla Nuova Accademia di Belle Arti e con qualche esperienza in giro per l’Italia, ha deciso di tornare a Teheran dove a gennaio aprirà il negozio di moda Sarireh. Proprio qui arriveranno gli abiti da sposa di Papini: «Da mesi lavoriamo a stretto contatto – spiega Valentina Mazzoni, socia di Papini e responsabile dell’immagine e della rete commerciale del brand –. Le due socie iraniane hanno studiato 11 marchi italiani prima di selezionare il nostro: ha vinto la linea stilistica, ma anche l’impronta artigianale e sartoriale dei nostri abiti». E non si sta parlando di un capo «fatto e finito»: «Da parte nostra è richiesta la collezione, ma anche il supporto commerciale e tutto ciò che riguarda le modifiche e la personalizzazione che ogni abito da sposa richiede».

A Teheran l’atelier sarà aperto nel nord della capitale, nel prestigioso quartiere di Shemiran dove vive l’alta borghesia e il prezzo degli immobili sta andando alle stelle.

«Questo perchè, dopo gli accordi di Vienna (quelli del 14 luglio sul controverso programma nucleare, ndr), la situazione sta migliorando e sono in tanti che vanno o tornano a Teheran pensando di fare affari – continua Valentina Mazzoni –. Ma destreggiarsi non è facile e per anni le imprese italiane hanno avuto difficoltà nel fare business con l’Iran a causa dell’embargo, soprattutto quello bancario perché gli istituti di credito hanno molti problemi nell’accettare pagamenti da Teheran. Abbiamo la fortuna di avere come partner bancario Ubi Banca che, previe tutte le dichiarazioni e verifiche, ci seguirà nella gestione di questo nuovo rapporto commerciale».

Sicuramente molto importante per la maison bergamasca che già esporta del mondo, dalla Corea al Giappone, dagli Stati Uniti alla Francia, Germania e Gran Bretagna.

Nel negozio di Shemiran ci si aspetta quindi un grande afflusso di pubblico: «Diverse le feste nuziali negli alberghi, dove gli uomini stanno in un locale e le donne dall’altra, separati, nel rispetto della segregazione dei sessi imposta dopo la Rivoluzione del 1979 – spiega ancora Mazzoni –. Nella Repubblica islamica la moda italiana è il massimo livello, è molto amata. Nei primi mesi del 2016 ci sono cambiamenti in vista, perché dopo gli accordi di Vienna sul nucleare aumentano le aspettative del ceto medio, lasciando pensare a una crescita dei consumi. Il ceto medio-alto punta alla qualità e per i beni di consumo guarda all’Italia, anche se poi per certi prodotti bisogna fare i conti con i dazi volti a tutelare le industrie locali. Ma sulla moda il valore del made in Italy e della sartorialità sono una garanzia che ci hanno permesso di sviluppare un nuovo mercato, di grande livello commerciale, trampolino di lancio su tutto il territorio mediorientale».

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