Tito, il Forrest Gump
di Verdellino a Londra

Tito Paratico, 39 anni, è ingegnere per Bechtel a Londra. La passione per la corsa lo ha portato a completare il circuito delle 6 più grandi e famose maratone al mondo. «Quel giorno, non so proprio perché decisi di andare a correre un po’, perciò corsi fino alla fine della strada, e una volta lì pensai di correre fino la fine della città, e una volta lì pensai di correre attraverso la contea di Greenbow. Poi mi dissi, visto che sono arrivato fino a qui tanto vale correre attraverso il bellissimo stato dell’ Alabama, e così feci. Corsi attraverso tutta l’ Alabama, e non so perché continuai ad andare. Corsi fino all’ oceano e, una volta lì mi dissi, visto che sono arrivato fino a qui tanto vale girarmi e continuare a correre».

Queste parole di Forrest Gump, tratte dall’ omonimo film del 1994, sono spesso interpretate come una metafora della vita. Una metafora, quella del non fermarsi mai, di continuare per la propria strada, correndo, che bene si adatta anche a Tito Paratico, trentanovenne originario di Verdellino che dal gennaio del 2005 vive e lavora fuori dall’ Italia, prima a Parigi e ora a Londra.

«Mi sono laureato in ingegneria chimica al Politecnico di Milano a ottobre 2004 - spiega - e subito ho iniziato a cercare lavoro. Dopo qualche colloquio, a inizio 2005 ho accettato l’ offerta di Saipem e sono stato assunto come ingegnere di sicurezza, anche se io avrei voluto essere un ingegnere di processo. All’ inizio sarei dovuto andare a Parigi per 18 mesi, con la prospettiva di tornare poi fisso nella sede di Milano. Ma una volta partito non sono più tornato: Parigi mi piaceva molto, ancora oggi è la mia città preferita, mi trovavo bene coi colleghi ed ero apprezzato. Volevo restare. La sede di Milano però non voleva perdermi e io nel frattempo avevo fatto altri colloqui, visto che il contratto non era a tempo indeterminato e non volevo restare a piedi. In quel momento di indecisione, due miei ex compagni di università che si erano trasferiti in Inghilterra mi suggerirono di tentare un colloquio per Bechtel, a Londra. Sono andato, mi hanno assunto e mi sono detto: “perché non andare?”. Quindi da tornare a Milano e voler restare a Parigi, sono finito a Londra, dove vivo tutt’ ora». E Tito non se n’ è più andato nemmeno da Bechtel.

«In tutti questi anni ho anche girato il mondo per lavoro. Le due esperienze più lunghe sono state i 9 mesi a Jamnagar, piccola cittadina dell’ India vicino a Mumbai, e i 18 mesi negli Emirati Arabi.

Sono state entrambe esperienze molto formative e belle, anche se particolari. Tornato a Londra nel 2010, dopo essere stato proprio negli Emirati Arabi, sono andato a vivere con quella che poi nel 2013 è diventata mia moglie, Pey Ruh Koh, donna di origini malesi che ho conosciuto proprio grazie alla Bechtel, visto che lavorava con me. Oggi abbiamo una figlia di 2 anni, Arianna, e una seconda appena nata, il 2 aprile, Aurora. Nel frattempo in azienda sono cresciuto sempre di più, ormai sono un veterano qui, e i miei spostamenti di lavoro sono diventati molto più brevi: si parla di pochi giorni o al massimo una settimana, ma ancora li faccio».

Molto più lunghe (se si pensa che le affronta senza mezzi), invece, sono le distanze che Tito percorre per la sua grande passione, la corsa. «Anche la passione per la corsa, come il trasferimento fuori dall’ Italia, è iniziata un po’ per caso -. Quel giorno, non so proprio perché, decisi di andare a correre un po’, perciò corsi fino alla fine della strada - e con altri obiettivi rispetto a quelli che sono venuti poi (volevo solo dimagrire). Ho iniziato mentre ero a Jamnagar, e poi quando sono tornato a Londra ho continuato - e una volta lì pensai di correre fino la fine della città, e una volta lì pensai di correre attraverso la contea di Greenbow - perché mi faceva sentire bene e in forma. Nel 2011, poi, per la 10 km di Londra la mia azienda, la Bechtel, ha organizzato una competizione interna. Mi sono detto: perché non partecipare? - Poi mi dissi, visto che sono arrivato fino a qui tanto vale correre attraverso il bellissimo stato dell’ Alabama, e così feci - e sono risultato il migliore della competizione interna di Bechtel, facendo anche un buon tempo. E da lì ho continuato -.

Corsi attraverso tutta l’ Alabama, e non so perché continuai ad andare - e dopo un po’ di mezze maratone ho iniziato a partecipare alle maratone (in grandi città come Parigi e Atene, ma anche in posti più piccoli) e ad appassionarmi sempre di più e ad allenarmi in modo sempre più serio. Poi, dopo qualche anno in cui tentavo di partecipare alla maratona di Londra senza riuscirci, finalmente nel 2017 sono riuscito a qualificarmi e in quell’ occasione ho anche fatto registrare il mio miglior personale, 2 ore 58 minuti e 41 secondi -. Corsi fino all’ oceano e, una volta lì mi dissi, visto che sono arrivato fino a qui tanto vale girarmi e continuare a correre -. A quel punto ho scoperto il circuito delle Abbott World Marathon Majors che prescrive la partecipazione e la conclusione della serie composta dalle sei più grandi e famose maratone al mondo (Tokio, Boston, Londra, Berlino, Chicago e NewYork) e ho deciso di girarmi e continuare a correre per questo obiettivo».

Il 4 novembre 2018 al traguardo di New York oltre al medaglia della maratona specifica Tito riceve anche il «Medaglione The Majors» che corona così il suo sogno. «All’ epoca in cui ho preso il medaglione eravamo ancora sotto i 5000 a livello mondiale ad averlo fatto. Mi è costata fatica, allenamenti, sacrifici, soldi e viaggi e non ce l’ avrei fatta senza il supporto di mia moglie. Ma ne è valsa davvero la pena perché ho continuamente spostato l’ asticella e l’ ho continuamente superata». E per il futuro?

«Sicuramente continuerò a correre. Il 27 ottobre del 2019 ho anche corso la mia prima maratona in Italia, a Venezia, con il tempo di 3 ore, 3 minuti e 18 secondi, che guardando i numeri sono la data di nascita di mia figlia Arianna (3/3/18). Il sogno ora è rifare tutte e 6 le maratone e prendere una seconda medaglia (non sono molti a esserci riusciti). Con una seconda figlia appena arrivata e l’ età che avanza sarà un po’ più complicato, ma ci proverò. E anche dal punto di vista lavorativo e famigliare vedremo cosa ci riserverà il futuro. Alla fine ero partito per fermarmi solo 18 mesi fuori dall’ Italia e invece non sono ancora tornato».

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