Covid-19, gli infarti «nascosti»
Casi gravi e aumento dei ricoveri in ritardo

La corsa ad ostacoli dei pazienti bergamaschi raccontata dal dottor Giulio Guagliumi su «Circulation».

Morti a causa del coronavirus senza il Covid-19. All’apparenza un paradosso, eppure quella che era una semplice sensazione dei medici nel pieno dell’emergenza è stata confermata dai dati più recenti: la saturazione del sistema sanitario ha avuto un forte impatto sul trattamento di alcune patologie urgenti. Una su tutte, la sindrome coronarica acuta, soprattutto la sua forma più grave, l’infarto del miocardio causato da un’occlusione acuta e totale delle coronarie. Il coronavirus è stato la causa principale di morte negli ultimi due mesi, come dimostrano anche i report recenti dell’istituto superiore di sanità, ma l’incidenza di morte per altre patologie non può essere trascurata.

Le cause del ridotto o mancato arrivo in ospedale dei pazienti con infarto miocardico acuto durante l’emergenza Covid sono state descritte ed analizzate in un articolo pubblicato su «Circulation», la rivista di cardiologia più autorevole a livello mondiale. Tra gli autori il dottor Giulio Guagliumi, direttore della Cardiologia Interventistica dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, esperto riconosciuto a livello internazionale per il trattamento dell’infarto miocardico acuto.

La pubblicazione fotografa cosa è successo ai pazienti con infarto miocardico durante l’epidemia Covid in due tra le città più colpite nel mondo, Bergamo e Madrid, documentando una forte riduzione del numero di casi arrivati in ospedale (tra il 40 ed il 70%) , l’arrivo più tardivo, la maggiore estensione del danno cardiaco ed un maggior numero di complicanze. E proprio i sistemi sanitari di tutto il mondo, grazie anche a questa pubblicazione, sono stati messi in guardia sull’impatto che il coronavirus può avere sul complesso schema che regola l’emergenza-urgenza di tutte quelle malattie (infarto miocardico, ictus) in cui la sopravvivenza dipende dalla rapidità dell’intervento . «In un periodo di 40 giorni che va dal 23 febbraio alla fine di marzo l’ospedale Papa Giovanni ha ricoverato 1.407 pazienti con polmonite interstiziale - si legge nello studio -. Più di 400 hanno richiesto una ventilazione non invasiva e 150, invece, intubazione endotracheale. Durante il mese di marzo 2020 in provincia di Bergamo è stata rilevata una marcata riduzione di angioplastica coronarica per infarto al miocardio (-37%) e un aumento di presentazioni tardive (+25%) rispetto alla media di un anno fa. Insufficienza cardiaca, elevato carico di trombi coronarici e la non ripresa del flusso di sangue daostruzione del microcircolo sono stati più frequenti».

A cosa sono dovuti il netto calo degli interventi e l’aumento di ricoveri in ritardo? L’articolo spiega le difficoltà incontrate confrontandole con una corsa ad ostacoli. «Sì, i pazienti con infarto durante l’emergenza medica Covid hanno dovuto affrontare un percorso ad ostacoli – spiega il dottor Guagliumi –. Abbiamo scritto questo articolo proprio per spiegare tutti gli ostacoli possibili che hanno portato ad avere una riduzione importante di pazienti che si presentano in ospedale con infarto acuto e che invece non si sono presentati. È accaduto qui a Bergamo, a Madrid e in tutto il mondo». Per spiegare in modo semplice il salto ad ostacoli è stata realizzata un’infografica che evidenzia i ritardi causati dalla saturazione del sistema emergenza-urgenza e dalla paure del paziente. «Durante il picco dell’epidemia di Covid-19 le linee telefoniche del 112 erano più difficili da raggiungere. Tutte le ambulanze sono state impegnate per il trasporto salvavita dei pazienti con insufficienza respiratoria, in continuo, 24 ore su 24. A questi fattori va aggiunta la titubanza dei pazienti che non hanno chiamato i soccorsi perché avevano paura di ammalarsi in ospedale. Tutti gli ospedali ed alcune delle reti più efficienti nel mondo per il trattamento delle emergenze, la rete Lombarda e quella di Madrid, sono stati sconvolti da questa situazione. Le terapie intensive e nuovi reparti di assistenza respiratoria sono stati creati in pochissimo tempo per accogliere i pazienti Covid-19».

Le conseguenze di questa emergenza sono sintetizzate nei numeri dell’indagine sulla mortalità realizzata da L’Eco, presa in esame anche da Guagliumi su «Circulation». «Quei numeri drammatici (solo a marzo 5.500 decessi totali, sei volte rispetto allo scorso anno, ndr) raccontano di tutti i pazienti morti, non solo di chi è morto in ospedale. Molti sono morti a casa, sia di Covid-19, sia di altre patologie, in particolare cardiovascolari».

L’esperienza bergamasca e di Madrid dovrebbe servire per costruire gli anticorpi necessari a prevenire gli effetti devastanti di un’epidemia sul sistema sanitario. Una delle soluzioni potrebbe essere «la creazione di una linea d’emergenza telefonica ad hoc per chi accusa dolori al cuore, in modo tale da creare un canale preferenziale per l’intervento del 118 e percorsi diretti di accesso alla sala di emodinamica». Un suggerimento che è già stato adottato da alcuni ospedali nel mondo. «Uno degli obiettivi resta mettere in guardia le altre nazioni dagli effetti devastanti della malattia Covid sul trattamento di tutte le patologie, in particolare di quelle dipendenti dalle tempistiche di intervento, e di offrire soluzioni ai possibili ostacoli attraverso un programma preciso di interventi per aggirarli».

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