I paradossi
che fanno
gonfiare
le bollette

Ora che l’Autority gonfia come non mai le bollette del gas e dell’elettricità, sarebbe il momento giusto per pensare alla politica energetica del Paese, che manca da sempre, e ora ondeggia tra speranze belle e realismo crudo. Non bastano gli 8 miliardi (un reddito di cittadinanza…) che il Governo ha buttato come acqua sul fuoco, riducendo così a «solo» 7-800 euro l’incremento di costo annuo per famiglia, che altrimenti sarebbe stato di oltre 1.200. Per non parlare delle imprese, che in alcuni settori debbono addirittura fermarsi,proprio mentre la domanda tira… Si badi bene: non sono stati tagliati i costi di mercato, schizzati da 50 a 450 euro per Mgw, perché altrimenti saremmo in una Repubblica dirigista delle banane.

È stata solo sollevata un po’ la manona delle imposte e dei tanti balzelli, a cominciare dal costo del no nucleare, deciso senza spiegare ai votanti del 1987 che 35 anni dopo saremmo stati ancora qui a pagarne il conto. Le ragioni dell’impennata attuale sono da tempo sulle pagine meno lette dei quotidiani, quelle di politica estera ed economica: la Russia che tiene sotto tiro l’Ucraina, l’Occidente che sanziona la Russia, la Russia che non immette metano nel mercato spot, la Germania che blocca il gasdotto russo, la Cina che taglia le emissioni di CO2 perché ci sono le Olimpiadi, l’Olanda che chiude i giacimenti, e soprattutto la crescita globale in ripresa. E ancora: due reattori nucleari fermi in Francia e scarso vento per l’eolico nel Mare del Nord. Molto più marginale, per ora, l’effetto Greta, cioè lo spostamento degli investimenti sul green. In prospettiva, però emerge, proprio qui, un primo paradosso, che fa a fette la faticosa retorica di Glasgow, in quanto la transizione ecologica verso le rinnovabili promuove una nuova stagione florida per le non rinnovabili.

Nei giorni di Glasgow, pur avendo deciso entro il 2030 una decarbonizzazione del 55%, sono ripartite a Spezia e Monfalcone due centrali a carbone, ed è in calo del 35% l’indice Ispred, che misura la transizione verde. In Germania, la crescita del carbone è del 30%, e in Cina è in corso un colossale piano di nuove centrali coke.

Ma ecco il secondo paradosso: perché dal 2014 sono pendenti domande per 146 giga (57% solare, il resto Eolico) e ne è stato realizzato a malapena l’1-2%? Sarà lentezza burocratica nei ben 11 passaggi autorizzativi (viva le semplificazioni di Cingolani, però le applichi…), ma allora perché non si fanno 396 impianti in Puglia e 126 nel Lazio, già autorizzati, ma bloccati dal Ministero della cultura? Forse c’è anche qualche ragione seria di carattere paesaggistico, perché non tutte le rinnovabili sono virtuose. L’eolico disturba gli uccelli e il panorama, il solare devasta il territorio più di cento autostrade, va bene sui tetti, ma Enel prevede un utilizzo di suolo agricolo per 1000 km quadrati.

Le nozze tra ambientalismo e sviluppo non si possono fare insomma solo a parole, altrimenti nasce un altro partito che ci spiega che il mondo è tutto un complotto, di cui fanno parte in primis scienza, matematica e virologi. Abbiamo già dato: il governo Conte 1 ha bloccato le 80 piattaforme di ricerca nel nostro mare, ma a poche miglia dalle inutili trivelle tricolori, Croazia, Montenegro e Grecia continuano a cercare e trovare metano, che magari ci venderanno presto, visto che il metano lo importiamo per il 95,4%, pagandolo dalle 10 alle 14 volte di più di quello che potremmo estrarre in casa. Abbiamo sott’acqua almeno 12 miliardi di valore (un reddito di cittadinanza e mezzo), e lo lasciamo lì, solo perché il Di Maio pre conversione, sosteneva che «lo stop delle trivelle è una battaglia per la sovranità nazionale» e secondo alcuni questa sarebbe una cosa di sinistra. Si scuserà presto anche di questo, ma, nel frattempo, arrivano bollette salate.

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