Mattarella-Draghi garanzia di stabilità
ma che disfatta la politica

A dimostrazione che il sistema politico è ridotto all’impotenza, per la seconda volta il Parlamento non riesce ad eleggere il Presidente della Repubblica, mai avvenuto prima, e implora l’uscente di restare in carica. È successo con Napolitano, si replica con Mattarella, nonostante quest’ ultimo avesse spiegato che la rielezione è un vulnus alla Costituzione. Ma tant’ è. Del resto non abbiamo forse a Palazzo Chigi un presidente del Consiglio calato dall’alto del Quirinale perché i partiti non sono stati in grado di mettere in piedi un governo? Se tale è la situazione assistiamo ad un gigantesco sospiro di sollievo perché continueremo ad avere Mattarella al Colle e Draghi a palazzo Chigi: l’Europa, gli Stati Uniti, i mercati, i possessori del nostro debito pubblico, sono rassicurati, e vedrete che lo spread tornerà a scendere.

La coppia Mattarella-Draghi è una garanzia di stabilità per tutti, almeno per i due anni da qui alla fine della legislatura. In queste ore i partiti cercano di raccontare al popolo sovrano che la rielezione di Mattarella è un loro grande successo e non invece il risultato di una disfatta. Che attenzione: non resterà senza conseguenze.

Ci sono vincitori e vinti, in questa partita. Vince chi aveva puntato sin dall’inizio sul Mattarella-bis. Anche se non è riuscito a giocare da protagonista vince Enrico Letta («per me sarebbe il massimo» aveva detto due settimane fa in tv) insieme a Matteo Renzi e ai peones grillini terrorizzati dall’idea che, se Draghi fosse andato al Quirinale, il governo sarebbe caduto e fatalmente si sarebbe andati alle elezioni anticipate che per loro equivarrebbe alla decimazione. In qualche modo vince anche Draghi che, certo, non arriva dove si era prefissato di arrivare ma si prenota per la prossima volta - che non sarà tra sette anni - e nel frattempo riprenderà a governare con più piglio di prima ricordando ai partiti che lo sostengono in quale stato miserabile si trovano.

Perde soprattutto Salvini. Voleva fare il regista a nome del centrodestra, è riuscito solo a bruciare una decina di nomi compreso quello del presidente del Senato Casellati, ha spaccato il centrodestra e adesso deve vedersela con i suoi avversari interni alla Lega. Perde il centrodestra per la ragione che non esiste più: i tre partiti vanno ormai ognuno per conto proprio. La Meloni, in particolare, furibonda con Salvini, aspetta solo il momento delle elezioni. Anche il centrosinistra sta messo molto male: la partnership tra Pd e Conte barcolla dopo i mille giochi che l’avvocato del popolo ha fatto sopra e sotto il banco. Voleva affondare Draghi come primo obiettivo, ha dimostrato di non avere la stoffa del leader. Cosa succederà ora. Aspettiamoci un redde rationem tra Conte e il suo avversario Luigi Di Maio (fronte Draghi) e tra Salvini e Giorgetti. Inoltre, di vertici di coalizione non sentiremo parlare per un pezzo. Così affronteremo l’anno elettorale. Per fortuna che ci sono Mattarella e Draghi.

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