Carcere, il 19 aprile l’intitolazione a don Fausto con il ministro Cartabia

Il Guardasigilli Marta Cartabia a Bergamo per la cerimonia. La direttrice Mazzotta: «Il sacerdote è stato un riferimento per tutti noi».

Il Covid lo ha strappato all’esistenza terrena, ma la sua presenza resta indelebile nel tessuto sociale. Dura oltre la vita la testimonianza di don Fausto Resmini, il prete degli ultimi spentosi per Covid il 23 marzo dello scorso anno, e il suo nome rimarrà inciso anche in una targa. Non un semplice simbolo, ma un’intitolazione che risponde a un insegnamento concreto: lunedì 19 aprile la casa circondariale di Bergamo, dove don Fausto è stato a lungo cappellano, sarà ufficialmente intitolata al sacerdote bergamasco, e per la cerimonia sarà presente anche Marta Cartabia, ministro della Giustizia, già prima donna presidente della Corte costituzionale.

«L’intitolazione dell’istituto penitenziario di Bergamo a don Fausto Resmini ha un valore inestimabile – sottolinea la direttrice Maria Teresa Mazzotta –. Ritengo che sia un grande gesto che manterrà imperitura la memoria del nostro amato cappellano, un modo per rafforzare ulteriormente i rapporti con il territorio in quanto don Fausto era conosciuto dentro e fuori dal carcere per la sua attività instancabile a favore non solo delle persone private della libertà personale ma di tutti i soggetti che, anche all’esterno della struttura, avevano bisogno di un sostegno, di un punto di riferimento». La figura di don Fausto è stata costante riferimento non solo per i reclusi: «Era apprezzato anche dalla polizia penitenziaria, dagli operatori delle funzioni centrali, dall’intera comunità penitenziaria per la sua umanità e disponibilità – prosegue Mazzotta –. Conosceva infatti bene il personale con il quale si era creato, negli anni, un importante legame di stima, fiducia e rispetto che si estendeva anche alle famiglie».

In quel nome c’è il riconoscimento «a uno stile e a un modo di esserci in quel luogo», riflette don Davide Rota, direttore del Patronato di Bergamo: «L’intitolazione del carcere a don Fausto non è legata al Patronato ma investe anche noi indirettamente: più che una “lode” indica un percorso da seguire, quello rappresentato dai suoi tanti anni di impegno per quel mondo. Siamo contenti e orgogliosi, ringraziamo chi ha pensato a questa dedica». «Un segno di riconoscenza grande», lo definisce don Dario Acquaroli, direttore della casa del Patronato di Sorisole, dove ha raccolto l’eredità di don Fausto: «Ed è anche un grande impegno – aggiunge il sacerdote –, per noi che stiamo continuando a fare tutto ciò che don Fausto ha fatto, non solo sulle opere ma anche sulla testimonianza. Una vicinanza non solo ai detenuti, ma a tutti coloro che vivono quel mondo, dalla polizia penitenziaria agli operatori ed educatori. È anche un invito a continuare su quella strada, col suo stile, attraverso gli insegnamenti che aveva raccolto da don Bepo e dal Patronato».

Per Elena Carnevali, deputata del Partito democratico che insieme al collega Maurizio Martina aveva sostenuto l’idea dell’intitolazione segnalandola all’allora ministro Alfonso Bonafede, è «segno di riconoscenza e di attenzione dello Stato per ciò che don Fausto ha compiuto come cappellano del carcere, per coloro che ci vivono e lavorano, per l’insieme del sistema penitenziario bergamasco e il mondo associativo con cui collabora. Il ministro Cartabia riconosce con particolare sensibilità l’importanza di questo momento e per questo la ringraziamo». Soddisfazione per questo momento arriva anche da Valentina Lanfranchi, garante dei detenuti di Bergamo: «L’intitolazione a don Fausto sarà un momento importante per tutta la nostra comunità. Il mondo delle carceri resta bisognoso di attenzioni – riflette –. Si sta lavorando positivamente anche con la messa in sicurezza attraverso i vaccini, tra le prime strutture in Italia». Nei prossimi giorni sarà definito nei dettagli il programma della cerimonia.

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