Morti sul lavoro nella Bergamasca
Quattro vittime su 5 sono per Covid

Inail, il presidente nazionale Franco Bettoni: 50 denunce di infortuni mortali sul lavoro nel 2020, 44 legate al contagio da coronavirus. Trenta casi in più rispetto al 2019. Prevenzione principio cardine su cui puntare.

Il 31 dicembre 2020 si è chiuso un anno tragico per la nostra provincia, falcidiata dalla pandemia causata dal Covid-19, che ha fatto registrare anche un’impennata del numero di morti sul lavoro, strettamente connessi all’emergenza sanitaria. Dei 50 infortuni mortali registrati a fine 2020, ben 44 derivano dai contagi contratti nel pieno dell’epidemia, in particolare dal personale sanitario. Con il bergamasco Franco Bettoni, presidente nazionale dell’Inail, l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, abbiamo commentato i dati dello scorso anno e approfondito le tematiche della prevenzione, con l’obiettivo di investire sempre maggiori risorse sulla sicurezza dei lavoratori.

Partiamo da un commento sui numeri relativi agli incidenti sul lavoro in Bergamasca. Il 2020 è stato un anno particolare, a causa dell’emergenza sanitaria e di una nuova «tipologia» di infortunio legata proprio al Covid-19.
«I dati dell’andamento infortunistico del 2020 sono certamente influenzati dall’emergenza Coronavirus. L’inclusione, a partire da marzo, delle denunce di infortunio relative alle infezioni da Covid-19 avvenute in ambito lavorativo, ha infatti alterato la rilevazione statistica, soprattutto per quanto riguarda l’incremento dei casi mortali. Nel 2020, le denunce di infortunio sul lavoro con esito mortale nella provincia di Bergamo sono state 50, di cui 44 legate al contagio da Covid-19, con un aumento di 30 casi rispetto al 2019. Dunque, ogni 5 infortuni mortali, 4 sono da Covid-19. Viceversa, anche per l’effetto della sospensione, dal 9 marzo al mese di maggio su tutto il territorio nazionale, di ogni attività produttiva considerata non essenziale oltre che per la chiusura delle scuole, si è registrata una diminuzione del 17,7% delle denunce totali di infortunio: 11.503 nel 2020 contro le 13.973 del 2019. Le denunce di infortunio legate al Covid-19, alla data del 31 dicembre 2020, sono state 2.817, circa il 25% delle denunce totali di infortunio. Va comunque precisato che, per quantificare il fenomeno in maniera corretta, sarà necessario attendere il consolidamento dei dati, con la conclusione dell’iter amministrativo e sanitario relativo a ogni denuncia pervenuta all’Istituto nel corso del 2020».

La categoria più penalizzata è stata quella dei sanitari, con medici e infermieri in prima linea per contrastare la pandemia. In questa tragica cornice è arrivato il riconoscimento dell’infortunio sul lavoro da Covid -19.
«A seguito del Decreto Cura Italia, che ha riconosciuto come infortunio il contagio da Covid-19 in ambito lavorativo, l’Inail ha risposto prontamente per garantire la piena tutela assicurativa ai lavoratori colpiti, proprio a partire dagli operatori sanitari. Rimane purtroppo aperta la questione dell’esclusione dalla tutela Inail di soggetti particolarmente esposti al rischio contagio, come quella dei medici di famiglia e dei medici liberi professionisti».

Come ha operato Inail negli ultimi mesi per fronteggiare il virus grazie anche alla presenza nel Cts, il Comitato tecnico scientifico del Ministero della Salute?
«L’Istituto ormai da un anno è impegnato in prima linea per fronteggiare l’emergenza sanitaria e continua ancora oggi a fornire il proprio contributo all’interno del Cts, per supportare il decisore politico nelle scelte necessarie per il contenimento della diffusione del contagio su molteplici fronti. Voglio anche ricordare l’impegno del personale sanitario dell’Inail, che sta portando avanti l’attività di sorveglianza sanitaria eccezionale, dando adeguata assistenza agli infortunati Covid e ai lavoratori in quarantena, nonché promuovendo attività di riabilitazione del lavoratore nella fase post-Covid, oltre che di analisi dei rischi emergenti come quelli psicosociali. Nonostante nuove responsabilità e nuovi compiti, abbiamo proseguito il nostro lavoro, pur registrando la grave mancanza di personale, su numerosi filoni di intervento che caratterizzano la missione dell’Istituto: attività di prevenzione, informazione, formazione e assistenza in materia di sicurezza e salute sul lavoro, di tutela assicurativa del lavoratore, di erogazione delle prestazioni economiche e sanitarie, di ricerca, studio e sperimentazione».

La prevenzione rimane il caposaldo su cui lavorare per cercare di mitigare la piaga degli infortuni sul lavoro. Quanto si riuscirà ad investire in formazione, ricerca e sicurezza nei prossimi anni?
«Senza dubbio la prevenzione è il principio cardine su cui si deve puntare. Dal 2010 ad oggi l’Inail ha stanziato, a favore delle aziende che scelgono di investire in sicurezza, circa 2,9 miliardi di euro. Per quest’anno abbiamo messo a disposizione 2,5 milioni di euro per progetti di formazione e informazione in materia di reinserimento e di integrazione lavorativa delle persone con disabilità da lavoro (dal 27 aprile al 27 maggio 2021 potranno essere inoltrate le domande attraverso il portale istituzionale) e quasi 14 milioni di euro per il finanziamento di interventi formativi in prevenzione, destinati non solo alle figure dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza e dei responsabili dei servizi di prevenzione e protezione, ma anche ai lavoratori per potenziare il livello di consapevolezza dei valori della sicurezza. Proseguiranno poi i cosiddetti incentivi Isi, soprattutto a favore delle micro e piccole imprese, anche con specifica attenzione al settore agricolo. Proprio lo scorso 28 gennaio si è conclusa la procedura telematica per l’assegnazione degli incentivi del Bando Isi Agricoltura per un totale di 65 milioni di euro».

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