«Obbligo di vaccino, uno strumento che va considerato»

L’epidemiologa Salmaso: «Con questo virus gli immunizzati non sono in grado di fare da scudo ai no vax. Se non ci si protegge si rischia l’infezione».

«Chi non intende vaccinarsi si scordi di poter godere della protezione offerta dai vaccinati. Con questo virus, gli immunizzati non sono in grado di fare da scudo ai no-vax, e, rovesciando la prospettiva, chi non è immunizzato non può essere protetto dalla comunità dei vaccinati, come invece succede quando si raggiunge l’immunità di gregge. Semplicemente, questo meccanismo non si può applicare all’epidemia da Covid-19. Quindi se ti vaccini, sei protetto. Se non ti vaccini, rischi l’infezione e tutte le sue conseguenze». Stefania Salmaso, epidemiologa, ha diretto per anni il Centro nazionale di Epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute dell’Istituto superiore di Sanità.

Nel commentare la possibile introduzione dell’obbligo vaccinale per alcune categorie, mette in guardia chi il vaccino non l’ha ancora fatto e non intende farlo.

Professoressa, è un fatto che, in presenza di un alto numero di vaccinati, il virus circola meno. E molti no vax contano proprio su questa riduzione della diffusione, per sentirsi protetti. Fanno male i conti?

«Li fanno malissimo. Mi spiego: quando in una popolazione il numero di vaccinati è estremamente alto e omogeneo fra luoghi e classi d’età, anche i non vaccinati possono godere di una protezione indiretta e di uno scudo, garantito proprio dalla barriera contro la circolazione del virus offerta da chi si è immunizzato. Concetto che sta alla base dell’immunità di gregge. Ebbene, ad oggi, abbiamo più di un’evidenza che ci spinge a credere come, quest’immunità, e di conseguenza questa protezione per i no-vax, non sia plausibile per Covid-19».

Perché non è plausibile?

«Perché il virus non ce lo consente, per una serie di ragioni. La prima è che ora sappiamo che c’è una quota, seppur ridotta, di vaccinati che possono comunque contrarre l’infezione e, verosimilmente, diffondere il virus. La seconda è che si è accertato un calo di protezione nei vaccinati a distanza di mesi dalla somministrazione. E la terza è che le persone completamente suscettibili sono concentrate in specifiche classi di età (gli under 12 anni, ancora non vaccinabili) anziché essere disperse nella popolazione».

Considerazioni che, all’apparenza, potrebbero alimentare anziché sciogliere i dubbi sull’efficacia degli attuali vaccini...

«Al contrario. Queste evidenze ci spingono ad aderire in massa alla vaccinazione. È chi non si vaccina che va incontro a guai seri, non chi si vaccina. Chi è immunizzato ha infatti una protezione altissima dalla malattia severa causata da Covid-19, e rischia molto molto meno di chi rifiuta la somministrazione. Chi non si vaccina, invece, rischia tutto, perché non gode di nessuna protezione. E, come spiegavo, non può nemmeno contare sullo scudo offerto dall’immunità di gregge».

Eppure proprio l’ immunità di gregge era l’obiettivo dichiarato sin da inizio campagna, e per altre malattie si è raggiunta.

«Certo, per molte infezioni virali trasmesse da persona a persona l’immunità di gregge ci ha permesso di eliminare alcune gravi malattie come la poliomelite, il vaiolo, il morbillo, anche senza vaccinare il 100% della popolazione. Ma la possibilità di raggiungere l’immunità di gregge dipende dal patogeno e dalla sua aggressività. Allo stato attuale non è più un obiettivo perseguibile, per le ragioni già spiegate, e anche perché – a differenza di inizio campagna – ora abbiamo a che fare con un virus diventato molto più contagioso, con la variante Delta. Diciamo pure che l’obiettivo della campagna è cambiato».

Cambiato in che modo?

«Non puntiamo all’immunità o all’eradicazione, ma a ridurre i danni dell’infezione e a rendere sopportabile la malattia, senza bloccare ospedali e servizi sanitari indispensabili per altre patologie. Puntiamo quindi a una convivenza “pacifica” con un virus che diventerà endemico. Perché lo sia, pacifica, dobbiamo fare in modo che tutte le persone più suscettibili di malattia grave siano protette, coperte dalla vaccinazione. E che, in generale, il tasso di immunizzazione sia il più alto possibile».

Anche a costo di imporre l’obbligo vaccinale?

«L’obbligo non mi scandalizza, anzi. Credo sia uno strumento da considerare seriamente. Del resto in molti contesti è già ampiamente in vigore, senza che si obietti nulla: per i bambini ci sono molti vaccini obbligatori, chi lavora nel settore metalmeccanico e non solo deve vaccinarsi contro il tetano, altri lavoratori contro l’epatite B. Parliamo sempre di vincoli sanitari che vanno a vantaggio e sono nell’esclusivo interesse dei singoli e della comunità. Ben vengano quindi, anche se da soli non basteranno».

Cos’altro serve?

«Serve un approccio di sistema. Vaccinazioni, ma anche informazioni trasparenti, comportamenti responsabili (esattamente il contrario di quanto visto con gli Europei) strumenti di controllo come il green pass e, fondamentale, strategie di sorveglianza per identificare precocemente focolai epidemici localizzati e monitorare l’emergere di nuove varianti del virus».

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