«Ripositivizzati» dal Covid, in Bergamasca sono 115 casi

Ats ha cominciato a monitorare i «ripositivizzati» da gennaio. «Fenomeno contenuto, ma dimostra che bisogna tenere alta la guardia»

Positivi al Covid, per la seconda volta. C’è una microfetta di bergamaschi che ha contratto il virus per ben due volte negli ultimi mesi. Secondo i dati forniti da Ats – che ha monitorato i casi a partire dallo scorso gennaio, vedendo accentuarsi il fenomeno – si tratta di 115 persone: 115 bergamaschi contagiati nella terza ondata, che avevano già contratto il Covid l’anno scorso.

«Una cifra modesta – osserva Lucia Antonioli, alla guida del dipartimento di Igiene e prevenzione sanitaria di Ats Bergamo –. Per dare un’ordine di grandezza che aiuti a interpretare il dato, solo in questo preciso momento abbiamo circa tremila bergamaschi contagiati. È chiaro quindi come le reinfezioni siano un fenomeno contenuto. Ma, altrettanto chiaramente, questi dati suffragano il nostro appello alla responsabilità, richiesta anche a chi si è già ammalato. Quello delle reinfezioni è un tema significativo».

Significativo soprattutto se – di quei 115 ripositivizzati – si vanno a spulciare caratteristiche, sintomi, meccanismi e periodo di reinfezione. Ebbene, s’è scoperto che oltre la metà dei cittadini positivi «bis» ha contratto la prima infezione non nella prima ondata, bensì nella seconda: per la precisione, 63 su 115 hanno avuto il primo tampone positivo nell’autunno 2020 e si sono ricontagiati di lì a pochi mesi. Soltanto 32 ripositivizzati, invece, avevano contratto la prima infezione la scorsa primavera, mentre in 20 sono stati contagiati due volte durante il terzo tempo della pandemia (ma con i due tamponi positivi ad almeno 90 giorni di distanza, altrimenti, per prassi, non verrebbero considerati come «ripositivizzati» bensì «long Covid»).

Forme non gravi

Dati che, con ogni probabilità, si spiegano considerando un fattore ben noto. Durante la prima ondata non tutti i cittadini positivi al Covid hanno accertato il contagio attraverso un tampone: cosa che li fa sfuggire alle statistiche di Ats, che quindi – in caso di contagio recente – non riesce a trovare riscontro della precedente infezione nella primavera 2020. Chi si è invece ammalato nel secondo e terzo tempo della pandemia, ha quasi certamente effettuato un tampone, cosa che permette ad Ats di accertare la ripositivizzazione.

Tempistiche a parte, è un altro l’elemento fondamentale della partita dei contagiati bis: «Nessuno dei ripositivizzati ha contratto il Covid in forma grave – assicura Antonioli –. Non ci sono state polmoniti, non ci sono state complicazioni respiratorie particolarmente preoccupanti. Anzi. Si tratta nella gran parte dei casi di persone asintomatiche o con sintomi moderati». E l’età non sembra essere un fattore che conta nella ripositivizzazione: «No, dai nostri dati non risulta – precisa –. Fra chi ha contratto il Covid due volte ci sono anziani, adulti ma anche bambini. È un fenomeno trasversale».

Il virus, nell’ultimo anno, è però mutato. E le disposizioni regionali prevedono che, in caso di ripositivizzazione, Ats chieda il sequenziamento del genoma del virus, proprio per capire se la seconda infezione sia dovuta al contagio da variante rispetto al ceppo originario (quello di Wuhan). Ebbene, solo su 5 dei 115 tamponi è stato possibile fare il lavoro di sequenziamento: di questi, 3 sono risultati positivi alla variante inglese, gli altri 2 invece negativi a qualsiasi mutazione nota.

Il fatto che per 112 non sia stato possibile sequenziare è dovuto ad una ragione puramente tecnica, che potrebbe avere però un significato rilevante. «Semplificando, possiamo dire che il sequenziamento è possibile solo in presenza di una carica virale significativa, che si misura in cicli di amplificazione, abbreviati in ct. E dei 115 bergamaschi ripositivizzati, solo 5 avevano un valore di ct superiore a 30, ossia idoneo alla genotipizzazione» rileva Antonioli. Un dettaglio non da poco: potrebbe – siamo ancora nel campo delle ipotesi – rivelare come la carica virale dei reinfettati non sia particolarmente significativa.

Le varianti

Quanto al contributo delle varianti sulla reinfezione, così come sui picchi di contagiati delle scorse settimane, Ats non ha grossi dubbi. «La variante inglese è ormai dominante sul nostro territorio, e parallelamente abbiamo accertato una diffusione, seppur decisamente limitata, della variante brasiliana e di quella nigeriana – aggiunge la direttrice del dipartimento di Prevenzione Sanitaria –. Non parliamo di persone che provengono dall’estero, o almeno solo in pochissimi casi. Parliamo piuttosto di cittadini che si infettano nella nostra provincia, segno di quanto le mutazioni circolino senza confini. Ecco perchè, anche per i 112 tamponi non sequenziabili, siamo convinti si tratti di variante. Un motivo in più per chiedere anche a chi si è già ammalato di non abbassare la guardia».

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