Tragedia in kayak, addio a Lucio Mazza: «Un maestro, quella era la “sua” discesa»

Vittima dell’incidente giovedì 5 agosto a Olmo al Brembo, aveva 52 anni. Istruttore e guida fluviale, era conosciuto da chi pratica questa disciplina.

«Errore o non errore, lui era il più bravo, e per questo era molto conosciuto. Era un maestro dell’estremo. E quello non era un torrente come gli altri, era quello che aveva “scoperto” e inaugurato la sua discesa lui nel 2003». Così Alessandro «Geko» Gherardi, canoista di Zogno che gestisce il laghetto del Bernigolo a Moio de’ Calvi, ricorda Lucio Mazza , istruttore e guida fluviale, conosciuto da chi pratica questa disciplina per la sua audacia in uno sport che adorava fino all’osso e che lo aveva portato a girare in lungo e in largo il mondo. Lucio era nato a Bergamo e cresciuto a Suisio, vicino all’Adda, ed è forse al Trezzo Kayak che parte la sua storia di appassionato di discesa nei fiumi. Diploma di geometra, dopo aver lavorato come insegnante, ha cambiato completamente ramo e ha studiato fino ad ottenere la certificazione da operatore socio sanitario, che praticava in ospedale a Lecco.

«Era il suo fiume, il Val Mora – continua – lo aveva inaugurato lui per primo nel 2003, ed era il più ostico perché ci sono due passaggi chiave che lo rendono particolarmente difficile. Lo aveva percorso dapprima con un ragazzo di Trezzo d’Adda, e due giorni dopo lo aveva proposto anche a me, ma richiede davvero tanta audacia. In genere lo percorreva in quello che lui chiamava “Il trittico”: tre fiumi in una giornata sola, partiva con il torrente del Sabina alto (che da Valtorta scende a Cassiglio), quindi il torrente Val Mora (che da Averara scende a Olmo), e infine il Mezzoldo (che dal bivio di Mezzoldo porta anch’esso allo stesso punto di Olmo). Nella sua lunga attività con la canoa è sempre riuscito a saltare fuori da situazioni che quella di oggi (ieri, ndr), a confronto, era un gioco, come le gole dell’Adda, considerate impraticabili da tutti “perché se cadi sei morto”, ma non per lui, che le faceva sempre senza troppi pensieri, insieme all’amico Daniele Tira, poi scomparso cinque anni fa in California, anche lui in un incidente acquatico lungo il torrente King’s river, inghiottito da un sifone».

Ma Lucio non era solo un profondo conoscitore dei corsi d’acqua brembani: in Valle Brembana aveva «battezzato» praticamente tutti i torrenti possibili e immaginabili e quindi era andato anche in esplorazione all’estero. Ha viaggiato per il mondo: dal Nepal all’India, dal Marocco all’Albania, al Colorado. «Con lui - continua Alessandro - tra i tanti fiumi avevo fatto tour per la Valle Aurina. Il Rienza (a Brunico), il torrente che si chiama Rio Riva (che scende dalle cascate di Riva), due volte in Slovenia». Eppure, alla fine, Lucio è morto qui, tra le sue montagne, nelle sue acque, gettando gli amici nello sconforto più totale, a partire dal compagno di avventura di ieri, nonché allievo: «Mi hai portato in paradiso, lo abbiamo contemplato - scrive un amico di Lucio –, siamo andati all’inferno e lo abbiamo domato. Non siamo eterni, ma ci hai lasciato troppo presto».

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