Dall’armadio della nonna
alla maison di Saint Laurent

La sua è una dichiarazione d’amore: per la nonna Francesca che, appena torna a casa a Bergamo, corre ad abbracciare. La nonna, leggera ed elegante, dai modi cortesi che le ha insegnato il gusto, l’abbinamento di stoffe e colori. Quel modo sofisticato di amare un tessuto, una fantasia bizzarra.

La moda probabilmente l’ha imparata così, Gloria Gotti, vivendo accanto a quegli armadi zeppi di longuette e cappotti di un tempo, che profumano di vaniglia. E poi abiti e camiciole di seta, tutto un mondo che è entrato nel dna di questa 24enne bergamasca, a Parigi per scoprire quanto la moda sia un mondo in continua evoluzione che ben va a braccetto con il suo spirito da girovaga.

Solo 24 anni, due dei quali da parigina, con tanto tempo «per scoprire la città e quel suo essere cosmopolita: la sensazione è quella di abitare in una metropoli dove persone dalle diverse culture o abitudini vivono insieme senza che questo desti il minimo timore, regalando, anzi, uno dei principali “plus” della città» spiega Gloria.

In Francia ci è arrivata per «un senso d’insofferenza»: «Vivevo a Milano e ho iniziato quasi per caso ad arrotondare facendo la vestierista da Neil Barrett». Cosa vuol dire? «Aiutare le modelle a vestirsi durante le campagne vendite: si sta nei camerini e si dà una mano nei cambi di abito». Una sorta di tuttofare in quelle vorticose giornate che si vivono dopo le settimane della moda: «Ci sono i buyer di tutto il mondo in giro per Milano, ci sono ordini da fare, collezioni da mostrare». Inizia così Gloria, nel silenzio – e nella confusione – più totale, a passare vestiti e chiudere cerniere: «Cercavano una ragazza per altre attività e ho proseguito dando una mano nelle varie mansioni richieste. Poi si è liberato un posto da stagista: ero l’assistente della responsabile dell’e-commerce di Barrett. Quando la ragazza se n’è andata, sono entrata ufficialmente nel team».

Senza grosse esperienze, con indosso tanti abiti della nonna che profumano di ricordi, e un ottimo inglese: «Fondamentale in questo mondo: eravamo in tre a gestire la piattaforma e-commerce, occupandoci della collezione, degli shooting fotografici, degli ordini e dei rapporti con i clienti – spiega ancora –. Un lavoro che mi ha insegnato molto ma che mi teneva molte ore in ufficio, incollata al pc». E lei, che un po’ spirito libero si sente da sempre, «poco facile da imbrigliare, anche negli stereotipi modaioli», non ce la faceva più.

«Sono sempre stata una che ama gli stili di ricerca, che va pazza per l’avanguardia – dice –. Dal punk al dark, dal nordico al preppy, li ho testati un po’ tutti» sorride mentre parla dentro una leggera tuta pantalone di seta, un paio di espadrillas chiare e una borsa di stoffa consunta. Sul braccio tatuaggi abbinati a un raccolto rinascimentale che tiene a bada i capelli corvini. Affascinante questa ventenne, delicata come la sua nonna, dal sorriso sottile e gli occhi che brillano: «Un’amica da Parigi mi scrive e mi propone di mollare tutto e andare da lei per qualche tempo: l’ho fatto, frastornata ma felice ho fatto le valigie e me ne sono andata».

In borsa la gonna di sempre: «Me l’ha regalata la nonna, in patchwork e degli effervescenti anni Settanta, di Moschino». Follie di colori, fantasie che si rincorrono nei primi mesi parigini di Gloria: «Trovo lavoro una settimana dopo da Kenzo: mi occupavo delle campagne vendite, parlando in inglese e seguendo in particolare i buyer russi – spiega –. Non sapevo una parola di francese e mi districavo tra oltre un centinaio di capi di collezione da mostrare, indicando i trend della stagione e consigliando le vendite».

Gloria fa così cinque stagioni da Kenzo: «Circa un anno in cui cerco con difficoltà una casa tutta mia, ma faccio un sacco di amici e conosco un mondo affascinante». Ed è proprio grazie alle continue conoscenze, il mondo estesissimo delle pr della moda francese, che Gloria finisce prima da Dior e, successivamente, da Saint Laurent Paris: «Dove lavoro tuttora, felicissima: un gruppo giovane, affiatato, dove tra l’altro mi occupo dei clienti italiani». Un impiego che non la occupa tutto l’anno: «Lo stipendio è buono e c’è parecchio tempo per vivere la città ma soprattutto per un secondo lavoro che poi è il mio sogno nel cassetto: fare la stylist».

Per ora se ne occupa sempre nell’ambito della moda: «Come free-lance, collaboro con i fotografi e insieme a loro scelgo i temi da proporre alle riviste, i trend, le modelle e l’ambientazione delle immagini che andremo a scattare». Poi ci sono tutti i contatti con le case di moda: «L’acquisizione degli abiti, gli abbinamenti, il momento degli shooting e la scelta degli scatti più appropriati». Anche se il vero obiettivo di Gloria è lavorare per il cinema: «Fare la stylist per una produzione che possa essere un film, un documentario, un corto. Per ora faccio l’assistente e più gavetta possibile, con qualche produzione indipendente in cui mi invento i look». Anche senza griffe di grido: «Parigi vive di vintage e mercatini dell’usato. E poi ho sempre un archivio personale di abiti pieni di storia». Arrivano sempre da quegli armadi profumati e da continue ricerche che fa in Italia e Francia: «Compro stoffe e mi faccio realizzare abiti da sarte parigine su miei disegni, vado a caccia di pezzi unici nei mercatini».

Tanto che i suoi look sono finiti su riviste di moda – Vogue Japan e Grazia Francia per esempio –, fotografata per lo stile originale durante le settimane della moda francese. Ultimi acquisti? «Un impermeabile di McQueen e un abito in broccato, preso a un mercatino a 10 euro che tutti adorano». E gli armadi straboccano: «E pensare che forse devo lasciare anche questa ennesima casa dove vivo ora… i traslochi sono un incubo in questa Parigi dagli affitti esosi e dalle case introvabili». Unica pecca? «Direi di sì, se penso al cibo, alle tante cose da fare e organizzare: qui c’è sempre una mostra da vedere, un nuovo film in proiezione, un angolo da scoprire e riscoprire». Ma un però c’è sempre: «L’abbraccio di mia nonna e le sue lunghe collane, i sapori da riscoprire di mia madre». Mamma titolare della Vineria Cozzi che di parigino, tra l’altro, ha tantissimo: «Ma io spesso e volentieri torno a casa e cerco crescenza e prosciutto cotto – ride –, il classico pasto da ospedale: del resto a Parigi di paté ne ho parecchio». E poi di Bergamo c’è altro da ritrovare: «I Colli, dove da adolescente mi rifugiavo per fumare di nascosto le prime sigarette con le amiche, dove ho passato ore di chiacchiere e segreti sopra motorini dalle marmitte truccate». Ma poi si torna a Parigi: «E credo che non mi fermerò: c’è ancora tempo per girare e tornare, e rigirare ancora». Spirito libero, quella leggerezza di una che la vita la vede tutta davanti: «Libera sì, e soddisfatta. Parigi mi rende felice con le sue iniziative culturali, quegli aperitivi lungo i bordi del Canal St Martin in primavera». Che invidia a spasso nei suoi abiti bizzarri, imparando da lei la ricchezza di un mondo cosmopolita che ha molto da dire e da dare.

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