Botti di Stato

Il più sottile, se vogliamo, è stato Putin il quale nei giorni scorsi ha dichiarato che «non sarà necessario usare le testate nucleari russe per sconfiggere l’Isis».

«Sottile» ovviamente è un eufemismo: Putin ha voluto ricordare ai suoi nemici - i terroristi ma anche certe nazioni occidentali - che lui la Bomba ce l’ha e che pertanto è meglio non passeggiargli troppo sugli alluci prima che gli venga la tentazione di usarla. Se diciamo che è stato «sottile» è perché altri leader non si sono neppure preoccupati di velare le minacce dietro una negazione. È il caso di Kim Jong-un, lo spettacolare capo nordcoreano, il quale ha annunciato al mondo che il suo Paese «possiede la bomba all’idrogeno ed è disposto a usarla». Quale occasione imporrebbe l’uso dell’ordigno non è chiaro. Forse una recrudescenza del conflitto con la Corea del Sud? Oppure un corpo a corpo con gli Stati Uniti? O magari, vista l’imminenza della notte di San Silvestro, la bomba all’idrogeno potrebbe servire da imponente - e definitivo - botto di Stato?

Parlando di minacce, mai sottovalutare gli sgherri dell’Isis che, adesso, parlano apertamente di armi chimiche, biologiche e nucleari. Ancora dell’idea di investire nel futuro comprando la macchina a rate? Se non fossimo compresi dalla nostra paura e da quella che proviamo per ciò che toccherà alle generazioni future, dovremmo riconoscere che queste sbruffonate, questi annunciati strangolamenti, queste comparazioni di potenza bellica e, in ultima analisi, virile, sono altamente ridicole. Come tutti i fondamentalismi, come tutte le avversioni più esclusive e le intolleranze dogmatiche, le minacce della bomba più grossa e dell’attentato più cattivo nascono da cecità risibile e grottesca tracotanza. Viste dallo spazio, certe spacconerie ricorderebbero le comiche in bianco e nero, dove omini dai gesti frenetici cadevano l’uno sull’altro, coprendosi di polvere e di ridicolo.

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