Come un bambino

Nel 1775, Samuel Johnson, critico, poeta, saggista, viaggiatore e, più di tutto, letterato di straordinaria importanza, fece una dichiarazione che doveva riverberare nel tempo: «Il patriottismo è l’estremo rifugio delle canaglie».
Riferiscono i biografi che Johnson non intendeva prendersela con il patriottismo in sé per sé: la sua era una critica, definitiva, contro chi il patriottismo lo sfrutta per uso personale e, soprattutto, quale via d’uscita quando, in un confronto dialettico, non dispone di altri argomenti.

Vien da chiedersi, oggi, che cosa penserebbe dello studio, condotto in Inghilterra, teso a registrare le reazioni del bambini all’ascolto dell’inno nazionale, il celeberrimo “God Save the Queen” (o “King” a seconda del sesso di chi occupa il trono), brano il cui autore resta a oggi ignoto ma le cui note sono familiari anche oltre i confini del Regno Unito e del Commonwealth.

La ricerca, condotta su ragazzini tra gli otto e i dieci anni, ha rivelato che, in effetti, l’inno nazionale, anche in età così giovane, ha un profondo effetto sull’emotività, ben più profondo di quello risvegliato da altri brani di impronta patriottica. I bambini hanno definito «positiva» l’emozione suscitata dall’ascolto di “God Save the Queen”, specificando che essa risvegliava in loro l’orgoglio dell’appartenenza a una specifica reazione e la lealtà a essa.

Non potrebbe, Johnson, definire costoro «canaglie» e dovrebbe riconoscere che quel sentimento d’appartenenza è più radicato e precoce di quanto si pensi e perfino più puro e disinteressato di quanto ai suoi detrattori piaccia credere. Con Johnson, anche noi dovremmo fare altrettanto: non per “rivalutare” il nazionalismo quanto per considerarlo materia infiammabile, da maneggiarsi con cautela; un ingrediente umano facile alla manipolazione, alla corruzione e, nonostante le apparenze, delicato come un bambino.

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