La storia del futuro

La va a pochi. Il 16 dicembre arriverà nei cinema «Star Wars Episodio VII: il risveglio della Forza». L’opera, il cui sottotitolo parrebbe strizzare l’occhio ai «miracoli» del Viagra (ma questa è solo una mia congettura), intende rilanciare il «franchise film» più robusto di sempre e sarà, nessuno ne dubita, l’ennesimo successo per George Lucas, patriarca della serie fantascientifica.

Come ogni fan che si rispetti sa bene, tutto incomincia nel 1977 con l’uscita di «Guerre stellari» (ribattezzato, nel 1999, «Star Wars Episodio IV: una nuova speranza» quando la sequenza di sequel e prequel prende forma), un film che se oggi, visto senza la patina di effetti digitali aggiunta in seguito, può sembrare allo spettatore un videogioco appena più evoluto del Pac-Man, è in realtà un’opera analizzata fotogramma per fotogramma. I critici sono infatti convinti che nel successo della sua trama di base – la ribellione di un gruppo sgangherato e idealista contro una potenza oscura e onnipresente – si celino i meccanismi fondamentali della psicologia di massa americana.

A quanto è dato sapere, Lucas si buttò su «Guerre Stellari» per lanciare al mondo un messaggio post-Vietnam. Le ferite della guerra erano all’epoca ancora aperte e il cineasta intendeva stigmatizzare l’invadente, oppressiva politica estera americana esaltando le gesta di chi, con poche armi, sembrava essere riuscito a opporvisi. L’Impero era dunque l’America, Luke Skywalker e soci i Viet-Cong.

Lettura che non preoccupò Ronald Reagan, al tempo impegnato nei primi passi del cammino verso la presidenza. Reagan adottò la terminologia di Guerre Stellari per illustrare la sua visione del mondo: l’Impero divenne l’Urss e «Star Wars» il nome informale di un ventilato sistema missilistico spaziale. Non c’è dubbio oggi che Guerre Stellari, lungi dal procurare simpatie ai Viet-Cong, aiutò il conservatore Reagan a vincere. Ma questo è il bello della cultura popolare: non si può prevedere in quale modo andrà a incidere nella società. È strano e anche un poco assurdo, ma è così che funziona la libertà.

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