Lucciole controllate con microspie
Arrestato il capo del racket

Le lucciole venivano mandate a lavorare con addosso una microspia, con cui gli sfruttatori ascoltavano ogni parola sia durante gli incontri con i clienti ma anche per evitare rivelazioni pericolose alle forze dell’ordine. Ma i carabinieri sono riusciti ugualmente a fermare il capo banda, un albanese trovato in possesso anche di due pistole.

Il provvedimento di fermo, perché indiziato di delitto, è scattato per L.D., 23enne albanese, ritenuto a capo di un racket della prostituzione che agiva lungo la strada fra Mozzo e Dalmine. Protagoniste della vicenda sono giovanissime ragazze dell’Est, poco più che maggiorenni, che erano stata irretite con la promessa di un lavoro pulito ma che, all’arrivo in Italia, erano state immediatamente private dei documenti di identità, avviate alla prostituzione, picchiate e minacciate di morte al minimo accenno di ribellione.

Vivevano segregate in squallide abitazioni, controllate a distanza con le microspie. Il gruppo, scoperto agli inizi dello scorso dicembre proprio grazie alla collaborazione di una delle lucciole, aveva già ricevuto un duro colpo con il fermo di due componenti della banda: N.E. di 22 anni e S.K. di 36 anni. Adesso la banda è stata decapitata con la cattura del 23enne, ritenuto appunto il capo.

È stato tradito dalle rivelazioni di una ragazza ucraina 19enne, una volta sua fidanzata, poi gettata sulla strada: l’uomo è stato catturato dai carabinieri del comando provinciale di Bergamo mentre rientrava in un appartamento della periferia dellla città, dove nascondeva anche due pistole semiautomatiche calibro 7,65, una proveniente da un furto, una seconda ricavata da una scacciacani modificata artigianalmente per l’utilizzo con munizioni vere. Sequestrate anche circa 40 cartucce dello stesso calibro.

L'albanese, accusato dei reati di riduzione in schiavitù, rapina aggravata, lesioni personali, e porto e detenzione illegale di armi, è stato trasferito nella la casa circondariale di Bergamo a disposizione dell’autorità giudiziaria.

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