La morte dell'alpinista di Nembro
«Abbiamo sperato fino alla fine»

Rientrerà a Nembro martedì o al massimo mercoledì la salma di Cristina Birolini, l'alpinista di 57 anni morta sabato mattina sulle nevi del Canton Ticino, in Svizzera. Il racconto di un seriatese che ha partecipato alla gita finita in tragedia.

Rientrerà a Nembro martedì o al massimo mercoledì la salma di Cristina Birolini, l'alpinista di 57 anni morta sabato mattina sulle nevi del Canton Ticino, in Svizzera. Domenica il marito Ginetto Bergamelli con il figlio Matteo, la sorella Marina e l'amico Federico Rota sono stati al cimitero di Bellinzona dove è stata trasferita la salma.

Con Ginetto e Cristina, sabato sul Poncione di Maniò, in Val Bedretto, c'erano anche Federico Rota di Seriate e un ragazzo bergamasco che per la prima volta partecipava a una gita insieme a loro. «Cristina era un'alpinista esperta, prudente che non sottovalutava mai le situazioni - racconta Rota - La sua morte non è stata provocata da un errore tecnico».

Rota racconta quei drammatici momenti: «Arrivati a 2.900 metri io e il mio amico ci siamo tolti gli sci e abbiamo proseguito verso la vetta con ramponi e piccozze. Cristina e Ginetto sono sopraggiunti in seguito, leggermente distanziati, con gli sci ai piedi e ci hanno detto che ci avrebbero aspettato in quel punto».

«Ginetto precedeva la moglie di una decina di metri: la cresta alla sua destra si faceva più ripida, forse Cristina si è spostata leggermente alla sua sinistra cadendo proprio da quel versante (non ha ceduto la cornice) senza possibilità di arrestare la caduta».

Rota ha cercato di raggiungerla, ma inutilmente. I soccorritori svizzeri hanno constatato il decesso dell'alpinista di Nembro ma a causa delle condizioni meteo sono riusciti a recuperare il corpo solo alle 16. «Noi tre siamo tornati indietro con gli sci, fino all'ultimo ci siamo aggrappati alla speranza che Cristina fosse sopravvissuta».

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