Elezioni amministrative
Una rivoluzione copernicana

Una sconfitta bruciante del Pdl, il clamoroso risultato del Movimento a 5 stelle di Grillo, la Lega che scompare (ma il «ribelle» Tosi a Verona è l'unico a vincere al primo turno), il tonfo del Terzo Polo e un Pd che regge ma non sfonda nelle grandi città.

Una sconfitta bruciante del Pdl; il clamoroso risultato del Movimento a 5 stelle di Beppe Grillo; la Lega che scompare (sebbene il «ribelle» Tosi a Verona sia l'unico a vincere al primo turno); il tonfo del Terzo Polo che paga lo scotto delle sue non scelte; un Pd che regge ma non sfonda nelle grandi città e tuttavia si proclama vincitore.

Sono le istantanee di questa giornata di voto amministrativo, con un'affluenza in calo di 7 punti pecentuali. Una rivoluzione copernicana della geografia politica, che certifica il collasso del sistema partitico e lambisce il governo che in qualche modo si indebolisce.

Monti andrà avanti con le sue ineludibili politiche di rigore, anche se a sostenerlo sono i partiti che oggi il voto penalizza, a tutto vantaggio del'exploit dei grillini. La via italiana non somiglia né all'antipolitica estrema greca, né al trionfo della gauche francese.

Da noi non è certo la destra estrema ad alzare la testa. Trionfano invece i «grillini», al ballottaggio in diversi comuni con percentuali a due cifre che ricordano quelle della Lega del '96. E sarebbe un errore oggi (come lo fu allora) tacciare come «antipolitica» tout court il dato eclatante del Movimento a 5 stelle, che drena voti a destra come a sinistra ed intercetta il sentimento di repulsione verso i partiti tradizionali.

Silvio Berlusconi (fino a ieri premier e leader del partito di maggioranza relativa) è lontano lontano, a Mosca da Putin. Per tutto il giorno la sede del partito resta emblematicamente chiusa e i colonnelli parlano in ordine sparso: chi per dire che si è sbagliato candidati, chi per affermare il contrario.

Solo a sera il segretario Angelino Alfano ammette il tonfo del partito, che va a sbattere nei 23 comuni dove si presenta da solo. E che in una grande città come Palermo (dove aveva sindaco e 60% dei consensi) neppure arriva al ballottaggio. «Aspettiamo i dati definitivi - cerca di arginare Alfano - è stata una sconfitta ma non una catastrofe, paghiamo la responsabilità per il sostegno al governo Monti che non vogliamo far mancare, anche se non voteremo l'invotabile. E basta con i vertici ABC...».

Nel Pd gli umori complessivi sono buoni, ma Pier Luigi Bersani non può parlare di vittoria. Semmai di non sconfitta. «Non è vero che hanno perso tutti - dice il segretario -, noi siamo avanti ed è emerso un nettissimo rafforzamento del Pd e del centrosinistra in molte città italiane. Gli elettori hanno capito il nostro sostegno al governo e ci danno ragioni per rafforzarlo».

Nessun candidato di Bersani però vince al primo turno, si deve cedere il passo ai cugini dell'Idv (come a Palermo, dove il Pd va al ballottaggio ma Leoluca Orlando sfiora la vittoria con il 46%) o a candidati non iscritti al partito (come Marco Doria, che con la sua lista veleggia verso la vittoria a Genova).

Anche la Lega è ammaccata e tace Umberto Bossi, che perde persino nel suo comune, Cassano Magnago. La vittoria personale di Flavio Tosi - le cui liste furono oggetto dell'anatema del Senatur - viene vissuta nel Carroccio come «la prima vittoria congressuale di Roberto Maroni». E l'ex ministro è piuttosto esplicito sul futuro: «Dobbiamo ripartire da Verona...», chiosa.

Tace Palazzo Chigi: «Non si commentano gli andamenti delle elezioni amministrative». Ma di certo un voto come questo, oltre a rendere più difficile l'accordo su una legge elettorale proporzionale, ha tra i suoi effetti quello di non rafforzare il governo.

Nonostante il Pdl proclami il contrario, resta nel partito di Berlusconi la tentazione di sottrarre l'appoggio a Monti, andando al voto anticipato per non subire ancora di più alle politiche nel 2013 la ribellione degli elettori penalizzati. E tanto per iniziare, Alfano dice basta ai vertici con Bersani, Casini e Monti.

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