Frana, dopo 6 anni resta la paura
«Quel muro non è ancora sicuro»

A sei anni dal cedimento del cantiere dell'eliporto, tre famiglie attendono ancora un risarcimento di 610 mila euro, soldi loro in gran parte utilizzati per rimettere in sesto le case che, dopo la frana, furono trovate lesionate. Il 21 marzo, in tribunale, ci sarà la sesta udienza.

A sei anni dal cedimento del cantiere dell'eliporto, tre famiglie attendono ancora un risarcimento di 610 mila euro, soldi loro in gran parte utilizzati per rimettere in sesto le case che, dopo la frana, furono trovate lesionate. E il prossimo 21 marzo, in tribunale, ci sarà la sesta udienza, ma non sarà l'ultima.

Ma soprattutto le famiglie hanno ancora paura. Paura che il muro realizzato nel 2007 dall'impresa per l'eliporto a servizio dell'ospedale di San Giovanni Bianco - muro non completamente collaudato - sia posto anche su terreno di riporto e non sia quindi sufficiente per garantire la sicurezza loro e della vicina scuola.

E a sostegno della tesi c'è quanto scritto dal tecnico incaricato dal tribunale nella causa civile, a riguardo dei 40 pali (alti da nove a sei metri) dello stesso muro: «Si ritiene che tutti, o quanto meno gran parte dei micropali, siano intestati in roccia ma ovviamente non si ha certezza di ciò, in mancanza di un quaderno di cantiere con annotazioni in merito agli avanzamenti».

«Dopo sei anni non è cambiato nulla - racconta Nadia Maria Ferraris, 51 anni, la più danneggiata, avendo chiesto un risarcimento di 392 mila euro -. Il muro di sostegno non è sicuro. Sopra la scuola e le case, dove doveva essere realizzata la piazzola dell'elicottero, ci sono centinaia di metri cubi di materiale di riporto e grossi macigni, compreso il palo dell'Enel che cadde poche settimane prima dell'evacuazione delle case».

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