Clandestino «costretto» a rimanere in Italia

Studente somalo non può tornare in Inghilterra, nonostante l’espulsione dal nostro paese, perchè ha ancora i documenti sequestrati dopo l’arresto per droga

È tornato in libertà ma di fatto è come se fosse ancora recluso: costretto a stare in Italia perché gli hanno sequestrato l’unico documento che gli permetterebbe di rientrare in Inghilterra, ma allo stesso tempo - e qui sta la contraddizione - colpito da un decreto di espulsione che gli impone di lasciare il Belpaese.

Una vicenda con contorni paradossali quella di O. M. K., lo studente somalo di 34 anni arrestato all’aeroporto di Orio al Serio il 26 agosto scorso dalla Guardia di Finanza. I militari lo trovarono in possesso di venti chilogrammi di stupefacenti. Dopo l’arresto il gip Ezia Maccora dispose il carcere per il giovane africano, rilevando il pericolo di fuga (l’immigrato era in possesso di un biglietto aereo per rientrare a Londra) e di reiterazione del reato (per le precarie condizioni economiche dell’arrestato, studente e lavoratore saltuario).

I difensori - avvocati Michele Ribaudo e Luigi Riccardi - si appellarono al Tribunale della libertà di Brescia, ottenendo ragione. Nell’articolata richiesta di scarcerazione spiegarono, con documenti e studi, che la «chata edulis» è una sostanza etnica e tradizionale di uso comune presso alcune popolazioni e che il quantitativo di sostanza recuperata - venti chili, si riduce così a circa due chili. Anche riguardo al principio attivo i legali dimostrarono, calcoli alla mano, che non era tale da far considerare la sostanza come droga.

I giudici bresciani accolsero l’istanza della difesa, sostenendo che detenere le foglie di «chata» non significa detenere il principio drogante. E così arrivò la scarcerazione per il somalo, che venerdì scorso lasciò il carcere. In questura gli notificarono però un decreto di espulsione, che gli intimava di lasciare l’Italia entro cinque giorni (termine già scaduto).

Il fatto è che l’unico documento che il giovane aveva per rientrare - un «travel document» rilasciato dall’«Home office» di Londra, una sorta di ufficio centrale per l’immigrazione - e che vale anche come permesso di soggiorno, gli è stato sequestrato dal pm Letizia Ruggeri, che ne contesta la falsità.

Insomma, se il giovane viene pescato sul territorio italiano, verrebbe arrestato in violazione della legge Bossi-Fini, ma nel contempo è sotto sequestro l’unico documento che gli permetterebbe di tornare in Inghilterra, dove risiede, studia e lavora (è insegnante di madre lingua in un’associazione non governativa: i legali hanno prodotto il contratto). Una situazione davvero paradossale.

(27/09/03)

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