Il «nonno adottato» accusato di truffe attacca e scrive alla famiglia che l’accolse a Spirano

L’ottantenne Giorgio Angelozzi, il «nonno adottato» finito sotto i riflettori con l’accusa di truffe rifilate alla famiglia Riva di Spirano e ai Pica di Arquata Scrivia (Alessandria) negli ultimi mesi, interrogato dai carabinieri di Urgnano una settimana fa, ha deciso di dire la sua. E lo ha fatto con una lettera dai toni minacciosi indirizzata ad Elio e Marlena Riva dalla cui casa era «scomparso» da tempo. «Signori Riva - scrive Angelozzi, sempre definitosi professore di latino e greco in pensione, ora alla Casa di riposo «Ferrari» di via Panigarola a Milano, dove si sente in «carcere» - prima di presumere di avere il diritto-dovere di denunciare la mia scomparsa ai carabinieri (testuali parole, ndr), con una telefonata al vostro Comune avreste appreso che io, dalla metà di maggio, non avevo più la residenza a Spirano. Avete dichiarato il falso esibendo per valido un documento scaduto e ne consegue anche che i carabinieri di Urgnano, senza controllare la validità dello stato di famiglia, hanno proceduto a condurmi forzatamente ad Urgnano, e dopo cinque ore, ormai di notte, mi hanno riportato alla casa di riposo di Milano. Avete commesso un capolavoro che presenterò come reato al momento in cui farò querela per la violenza subita».

Angelozzi scrive convinto del fatto che dopo la sua partenza da Spirano e durante il suo soggiorno ad Arquata, la famiglia piemontese che lo ospitava avesse già concluso le pratiche per il trasferimento di residenza in provincia di Alessandria. Ma non è stato così, perché una volta svelato il furto degli assegni i Pica avevano bloccato ogni procedura all’anagrafe comunale. Elio e Marlena Riva, intanto, dopo aver ricevuto la lettera si sono fatti rilasciare dal loro Comune il certificato di residenza di Angelozzi, che indica sempre l’indirizzo di via Pace 27, a Spirano, al piano terra della loro abitazione.

Avviate le indagini, tra l’altro, l’Arma ha anche scoperto e reso noto quante volte il «nonno adottato» era stato arrestato, sempre per reati contro il patrimonio: ben quattro, tra il 1976 e il 1998. «Per gli assegni – prosegue la lettera -, potevo essere interrogato ovunque, tenendo conto, peraltro, che gli ultraottantenni non sono imputabili. La violenza l’ho dunque avuta per la vostra esibizione di un documento non valido, a sostegno di una denuncia illegittima. Lo shock che mi è derivato non mi permette ancora di fare alcuna istanza leggibile». Angelozzi continua così: «Trovate il tempo e l’opportunità di spedirmi il mio guardaroba rimasto in casa vostra, a mezzo del corriere, o consegnando una cassa di cartone in portineria: per Giorgio Angelozzi, camera 105, primo piano, “carcere”, Milano».

Al piano terra di via Pace 27 restano una macchina da scrivere Olivetti, una vecchia radio, un dizionario di greco, uno di latino e parecchi vestiti. C’è anche la foto di una ragazza bionda, che secondo Angelozzi era sua figlia. Ma in questi giorni il direttore sanitario della Casa di riposo «Ferrari», stia cercando di capire un pizzico di verità in più sulla vita di Angelozzi: l’anziano avrebbe dichiarato di aver avuto 5 figli, nessuno dei quali, però, ha mantenuto i contatti con lui. Di certo ci sarebbe anche un divorzio, nel 1971, non una moglie scomparsa durante il matrimonio, come lui aveva dichiarato al suo arrivo a Spirano.

(22/06/2005)

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