La famiglia di Yara su Fikri:
«Si pronunci la Corte Europea»

«Sulla questione ora intervenga la Corte di giustizia europea». È una carta a sorpresa, quella giocata dall'avvocato della famiglia di Yara Gambirasio, Enrico Pelillo. Ancora da chiarire la traduzione di una frase pronunciata da Fikri.

«Sulla questione ora intervenga la Corte di giustizia europea». È una carta a sorpresa, quella giocata dall'avvocato della famiglia di Yara Gambirasio, Enrico Pelillo. Ore 14 di giovedì 14 febbraio, tribunale di via Borfuro. Di scena c'è l'ennesima udienza per discutere se il fascicolo a carico dell'unico indagato, Mohammed Fikri, sia finalmente da archiviare oppure no.

Su questa e altre richieste della parte offesa, il gip Ezia Maccora si è riservata di decidere e si pronuncerà soltanto nei prossimi giorni. Alla base di tutto l'interpretazione di una frase pronunciata da Fikri al telefono durante un'intercettazione: per il pmnion c'entrerebbe nulla con il delitto, per la faiglia di Yara, Fikri avrebbe detto «nin l'ho uccisa io».

Chi ha ragione? Una perizia disposta dal giudice potrebbe dirimere la questione. Il gip però, in questa fase, non ha facoltà di disporla autonomamente: dev'essere il pm a chiederla. È per questo che nei giorni scorsi l'avvocato Pelillo ha presentato al pm Ruggeri una richiesta per promuovere un'istanza di incidente probatorio, a cui il pm non ha però voluto dar seguito.

Ieri in udienza, accompagnato dal consulente genetista forense Giorgio Portera e dalla mamma di Yara, Maura Panarese (mai mancata alle udienze) l'avvocato Pelillo ha depositato una memoria per cercare di uscire dall'impasse.

Due le strade proposte dal legale: o l'imputazione coatta di Fikri per favoreggiamento (va ricordato però che ad oggi, dal punto di vista formale, il marocchino è ancora indagato per omicidio) oppure sollevare la pregiudiziale comunitaria.

Ieri in udienza il pm Ruggeri ha invece ribadito la completa estraneità di Fikri, richiamando una serie di elementi che lo scagionano.

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