Libia, torna un tecnico di Dalmine:
«Ho visto la mattanza sulle strade»

«Una situazione veramente drammatica, un caos inimmaginabile, con tanti morti e feriti, con milizie e mercenari che sparano». È il dramma della Libia nella testimonianza di Danilo Cattaneo, 58 anni, rientrato rocambolescamente a Mariano di Dalmine.

«Una situazione veramente drammatica, un caos inimmaginabile, con tanti morti e feriti, con milizie e mercenari che sparano, entrano negli ospedali, uccidono i feriti e li portano via per non lasciare tracce: per chi non ha visto è davvero difficile capire e immaginare cosa sta succedendo in Libia».

Il dramma che sta vivendo la Libia si riflette anche nella testimonianza di Danilo Cattaneo, 58 anni, residente a Mariano di Dalmine, dipendente Eni e da due anni in Libia come responsabile di tutta la logistica dell'azienda italiana nel Paese oggi in fiamme.

Cattaneo è riuscito a partire con l'ultimo volo di un C130 organizzato dall'Unità di crisi della Farnesina decollato venerdì sera a Tripoli e atterrato a Roma; Cattaneo è, quindi, tornato a Dalmine nella giornata di ieri. «È stato un rientro rocambolesco – racconta –: all'aeroporto di Tripoli c'erano migliaia di persone, un caos indescrivibile. Già lunedì e martedì scorso Eni era riuscita a far rientrare 150 famiglie. Anche mia moglie è tornata a inizio settimana».

Cattaneo racconta, quindi, la sua partenza dall'aeroporto di Tripoli venerdì sera: «c'erano militari di una cattiveria indescrivibile con martelli e bastoni che sequestravano ai passeggeri cellulari e computer per impedire che questi portassero immagini e video fuori dal Paese. C'era un clima impressionante. Noi abbiamo avuto un'assistenza enorme dall'Unità di crisi della Farnesina e dal nostro staff Eni».

Gli ultimi giorni prima della partenza, continua Cattaneo, «li abbiamo trascorsi in una zona un po' più periferica e protetta di Tripoli. Ufficialmente nella capitale la situazione sembra più calma. Tutto sta avvenendo nelle altre città. La sensazione è che ci siano parecchi morti».

In giro per il Paese, testimonia, «ci sono molti mercenari provenienti, credo, da diverse parti del mondo: ci sono, ad esempio, truppe del centro Africa, abbiamo incrociato militari con gli occhi a mandorla. Sembra davvero che i lavori sporchi vengano fatti dai mercenari, non tanto dalle milizie di Gheddafi: entrano negli ospedali, uccidono i feriti e li portano via. Non vogliono che la gente veda».

«Dal pomeriggio sino a tutta la notte – continua Cattaneo – sentivamo sparare e mitragliare in continuazione: una carneficina. Anche il mio autista ha perso tre persone della sua famiglia. È una tragedia immane e nessun Paese sembra davvero interessarsene. Per fortuna ci sono le grandi aziende occidentali che hanno contributo ad evacuare molte persone». E Cattaneo allarga il discorso: «l'impressione è che i Paesi occidentali non sappiano come comportarsi: in passato si sono esposti molto con Gheddafi. La crisi andava gestita prima che il problema esplodesse: si sapeva cosa stava per capitare, ma non ci si è mossi per tempo. Siamo allo scontro finale. Dopo Gheddafi credo ci sarà un vuoto di potere: molto dipenderà dal comportamento dell'Occidente. Con il petrolio gli interessi in gioco sono enormi».

«Quando venerdì sono atterrato a Roma – conclude Cattaneo che ha tre figli – mi sono rilassato e ho pianto. Ero a Tripoli quando anni fa gli americani bombardarono Gheddafi e lavoro all'estero da trent'anni, anche in Paesi come Angola e Congo, ma non ho mai visto nulla di simile. Sono davvero contento di essere rientrato e di aver contributo al rientro di tante altre persone».

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