Manchester, chi era Salman Abedi?
Allerta «critica», ora è caccia all’artificiere

Dopo la strage di Manchester il Regno Unito alza l’allerta attentati a «critica», equivalente al rischio di un attacco imminente. Ventidue morti, 12 dispersi e 120 feriti è il bilancio dell’attentato suicida all’Arena.

Il killer è Salman Abedi, 22enne britannico di origini libiche e tornato da poco da un viaggio in Libia. L’Isis ha rivendicato l’attentato. «Era partito per la Libia tre settimane fa ed era tornato di recente, da qualche giorno», ha rivelato un suo amico al Times. Il ventiduenne Salman Abed, nato in Gran Bretagna da genitori fuggiti dal regime di Gheddafi, potrebbe aver quindi preparato l’attacco di lunedì sotto la guida jihadista. Gli inquirenti stanno cercando di appurare se l’attentatore di Manchester abbia ricevuto un training in un campo jihadista in Libia, dove Isisi e al-Qaeda si sono alleati per combattere le forze governative .Arrestato anche un 23enne ritenuto collegato all’attacco.

La dinamica dell’attentato è atipica rispetto ad altri attentati compiuti dai «terroristi fai da te». In particolare, si ritiene che l’ordigno esploso – riempito di oggetti metallici, biglie o chiodi – possa essere stato assemblato da un artificiere, appartenente a un cellula più vasta e pronta a colpire ancora. È vero che i network terroristici, dall’Isis ad Al Qaeda, hanno messo in rete da anni manuali che spiegano come fabbricare una bomba, ma la probabilità che il giovane abbia fatto tutto da solo appare improbabile. Si tratterebbe infatti di un ordigno «con un certo livello di preparazione», quindi non assemblato da un principiante. «È improbabile che una cellula terroristica “sprechi” un elemento in grado di fabbricare bombe del genere», spiega una fonte dei servizi britannici: l’artificiere «per loro sarebbe una risorsa indispensabile per compiere altri attacchi».

Quindi «sembra più verosimile che il giovane facesse parte di un network, o abbia potuto contare sul loro aiuto». C’è poi il «giallo» della rivendicazione Isis, nel quale si parla di ordigni esplosi e non di un attentatore suicida. Ore dopo, in un manifesto «celebrativo» dell’attacco, è comparsa l’immagine grafica di un ordigno azionato con un cellulare.

L’intelligence ha un elenco di oltre 3.000 persone indicate come estremisti: di questi solo 40 sono sotto sorveglianza 24 ore su 24 ore. C’è poi l’esercito degli 800 foreign fighter che hanno combattuto in Siria e Iraq. Si ritiene che almeno in 400 siano rientrati in Gran Bretagna. Birmingham è considerata la «capitale del jihadismo», ma anche Manchester è finita alla ribalta delle cronache a inizio anno, quando un 50enne britannico dell’Isis, nato proprio lì, si è fatto saltare in aria vicino a Mosul, in Iraq.

Mentre si cerca di fare luce sulla vita di Salman, le autorità scandagliano le riprese delle telecamere interne a caccia di una traccia del giovane, che si ritiene abbia effettuato almeno una ricognizione nell’arena per scegliere il luogo migliore dove colpire. Ieri ha atteso la fine del concerto e l’uscita degli spettatori, nei pressi della biglietteria dove tanti genitori attendevano i propri figli. Poi la strage.

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