Slot, il governo non impugna la legge
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La legge della Lombardia contro il gioco d’azzardo patologico ha superato lo scoglio del Consiglio dei ministri, che ha deciso di non impugnarla.

«La legge della Lombardia contro il gioco d’azzardo patologico ha superato lo scoglio del Consiglio dei ministri, che ha deciso di non impugnarla. Mi auguro che anche il Governo abbia preso atto della bontà e dell’efficacia delle nostre norme sulla ludopatia e che tutto ciò non venga vanificato da un decreto, quello di cui si sente parlare da mesi, che sarebbe di fatto un colpo di spugna contro i nostri sforzi e un nuovo via libera al proliferare delle “macchinette mangiasoldi”». Lo dichiara l’assessore regionale al Territorio, Urbanistica e Difesa del suolo Viviana Beccalossi, commentando la decisione presa dal Consiglio dei ministri, che ha deliberato la non impugnativa alle modifiche alla Legge regionale 8/2013 per la prevenzione e il trattamento del gioco d’azzardo patologico.

«Che la nostra legge sia un vero e proprio baluardo contro il gioco d’azzardo patologico - prosegue Viviana Beccalossi - lo testimoniano i dati. Nel 2014, primo anno di effettiva applicazione delle norme, in Lombardia il numero delle slot installate è calato dell’11 per cento, passando da 71.142 a 63.206. Oltre 2000 esercizi hanno scelto di abbandonare le macchinette, scendendo, in un anno, da 16.004 a 14.721 (-8 per cento)». Con la modifica approvata il 28 aprile e oggetto della non impugnativa da parte del Governo, l’applicazione della distanza minima di 500 metri da scuole, ospedali, chiese, oratori e centri di aggregazione si estende non solo alla concessione di nuove autorizzazioni per l’installazione di macchinette, ma anche a quelle oggi attive, che, se presenti nella fascia di rispetto, dovranno essere spente definitivamente allo scadere della licenza.

«Grazie a questo provvedimento - conclude Viviana Beccalossi - nel giro di 2-3 anni, in tutte le città della Lombardia verranno praticamente dimezzate le slot e le macchinette e, al massimo entro 5-6 anni, alla scadenza dell’ultima licenza oggi in vigore, non ce ne sarà più nemmeno una. Tutto ciò a patto che il Governo non decida di cancellare i nostri sforzi, preferendo gli incassi sicuri piuttosto che combattere una grave piaga sociale».

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