Tornano le camicie di Garibaldi
La Valgandino ne tesse 150

In Val Gandino si sono accese le macchine per riprodurre in tiratura limitata le camicie garibaldine: ne saranno fatte 150, come gli anni dell'Unità d'Italia. Il progetto ha messo in moto uno spirito di «patria» rinnovato e per certi versi inaspettato.

In Val Gandino si sono accese le macchine per riprodurre in tiratura limitata le camicie garibaldine: ne saranno fatte 150, come gli anni dell'Unità d'Italia. Il progetto ha messo in moto uno spirito di «patria» rinnovato e per certi versi inaspettato.

Così un secolo e mezzo dopo 14 aziende della valle, più due di Sorisole e Valle Imagna, lavorano per ritessere e confezionare le camicie scarlatte con cui combatterono i volontari garibaldini. E non è solo amarcord, ma un progetto che s'intreccia con la storia e l'evoluzione del distretto tessile locale, che sta riscoprendo anche con questa iniziativa una filiera completa.

Tutto comincia da una storia, quella della tintura delle camicie rosse a Prat Serval, e da alcuni pezzi di stoffa rintracciati negli archivi della famiglia Maccari.

«L'idea di riannodare i fili di una storia – spiega Filippo Servalli, assessore alla Cultura di Gandino e direttore corporate marketing di Radici Group – è diventata una piccola grande scommessa, un lavoro appassionante cui tutti hanno dato e daranno un contributo decisivo. I maestri tintori che a Prat Serval tinsero lo scarlatto garibaldino furono quasi certamente Abramo e Pietro Maccari, esponenti di una dinastia storica fra gli industriali lanieri della valle».

«Da qui siamo partiti per riprodurre il filato» spiega Ruggero Rottigni dell'omonima filatura gandinese. Si è poi dovuto attrezzare un telaio secondo le modalità di un tempo, ormai desuete, per ottenere una densità di tessitura che fosse il più possibile rispondente all'originale.

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