Tipicità Marche
chiama Bergamo

La 21.a edizione di “Tipicità Marche” – che per avere una denominazione più appropriata dovrebbe da ora chiamarsi “Made in Marche Festival” – passerà alla storia per l'edizione della svolta. Non solo perché a 21 anni una volta si diventava maggiorenni, ma perché tante sono le novità che hanno trasformato, in meglio ovviamente, quella che era la piccola fiera agroalimentare ideata da Angelo Serri 21 anni fa e da lui sempre condotta per mano come una figlia, sino ad avere oggi il riconoscimento incondizionato di esponenti politici, amministratori, rappresentanti dell'industria, del commercio e dell'artigianato, oltre che ovviamente di tutto il mondo agroalimentare per il quale “Tipicità Marche” era nata.

La prima nota positiva – e direi determinante in visione futura – è la radicale trasformazione ed ampliamento della struttura espositiva, oggi “Fermo Forum”, merito dell'imprenditore Giampiero Properzi che ha investito credendo nel futuro dell'iniziativa. Oggi la struttura alla periferia di Fermo – lo hanno detto e scritto persone autorevoli – si pone come centro fieristico non solo a livello fermano ma a disposizione della regione Marche nel suo complesso.

La seconda nota positiva, dopo l'ampliamento degli spazi espositivi e dei servizi, è l'incremento delle tipologie economiche messe in mostra. Non solo agroalimentare e industria turistica, ma anche tanto artigianato (si pensi che qui è nato, già negli Anni Settanta, il primo distretto italiano del settore calzaturiero, ancora oggi il primo in Italia; si pensi solo alla Tod's dei Della Valle o alla Loriblu).

Oltre alle scarpe, ceramiche artistiche, merletto al tombolo, oreficeria, lavorazione del legno e del ferro, pelletteria, oggetti musicali, lavorazione pipe, cappelli. Terza nota che sottolinea il salto di qualità che quest'anno più che mai l'iniziativa (16-18 marzo) ha compiuto è stata la presenza di massime autorità politico-amministrative a livello regionale, provinciale e comunale, dal prefetto Emilia Zarrilli, al governatore della Regione Gianmario Spacca, al presidente della Provincia Fabrizio Cesetti. L'elenco sarebbe lungo.

Non solo. Non era successo che tante personalità di richiamo intervenissero ai vari convegni organizzati da Serri. Abbiamo visto Andrea e Diego Della Valle, Philippe Daverio, Giovanni Morandi direttore del “Resto del Carlino”, il giornalista di Rai1 Fabrizio Gatta, lo chef Fulvio Pierangelini, ma altri nomi noti ci saranno sfuggiti. Un desiderio Serri ce l'ha da tempo: portare a Fermo una espressione della cultura agroalimentare bergamasca.

«So che Bergamo è una zona interessantissima, soprattutto per i formaggi Dop, la polenta, la ristorazione di qualità e tante altre cose. Inoltre è città d'arte che io ammiro moltissimo. Mi piacerebbe avere contatti con le istituzioni per avere la provincia di Bergamo come ospite d'onore il prossimo anno alla nostra manifestazione».

Appello lanciato. L'abilità di Angelo Serri è riuscita a portare a Fermo, nei giorni della manifestazione, il congresso dei giornalisti e degli albergatori marchigiani, per non parlare della vasta esposizione e degustazione di vini di cui la regione è ricchissima. Un insieme di prodotti in mostra, un programma intenso di incontri, un mercato di ogni bontà agroalimentare di cui questa terra è tanto ricca: il gioco è fatto per avere visitatori a ondate. A noi interessava in particolare l'aspetto enogastronomico e non siamo stati traditi. Non abbiamo potuto degustare tutto, ma citiamo solo ristoranti e aziende che abbiamo potuto conoscere, senza dimenticare i “gemellaggi” gastronomici che Serri ama fare: presenti quest'anno, oltre alla solita Norvegia, la Svezia, il Collio Goriziano, la Sicilia, il Monferrato (protagonista di una cena curata Luigi Pero del ristorante “Mangia e Bevi”di Rocchetta Tanaro), sino alla festosa serata finale con protagonista lo “stoccafisso senza frontiere”, con l'impegno di cuochi italiani, croati e norvegesi. Due ottimi ristoranti di pesce ho potuto provare e quindi consiglio tranquillamente: uno a Casabianca di Fermo, si chiama “Emilio”; l'altro all'interno, sulle “colline rotolanti marchigiane”, a Montecarotto, si chiama “Le Brusche”. Entrambi sono “stellati” Michelin.

Quanto ai vini, l'azienda Moncaro di Montecarotto ha fatto assaggiare in più momenti i suoi gioielli, mentre una degustazione l'ha tenuta anche la Cantina Di Ruscio, che Mario Di Ruscio conduce con amore a Campofilone. In entrambi i casi pensiamo di essere d'accordo con l'enologo Alberto Mazzoni, principe degli enologi marchigiani, che sostiene come la regione debba puntare sempre più felicemente su vitigni autoctoni, primi fra tutti il Verdicchio, la Vernaccia di Serrapetrona, il Lacrima di Morro d'Alba, senza dimenticare Pecorino e Passerina, che qui danno ottimi risultati. Infine un accenno ad un moderno e vasto salumificio, il “5 ghiande” a Moresco, in Valdaso, la valle della frutta. Nel salumificio, la famiglia Scendoni produce diverse specialità tra cui il Cacciatore Igp e il Ciauscolo Dop.

Roberto Vitali

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