Ferito sul lavoro il 28 novembre
Non ce l’ha fatta il 58enne Diaw

L’infortunio sul lavoro era avvenuto in una ditta di Castelli Calepio a fine novembre. L’uomo residente a Treviolo è morto mercoledì agli Spedali Civili di Brescia. La denuncia dei sindacati: «Sono arrivati a 21 i morti sul lavoro nel 2018 nella Bergamasca».

È morto agli Spedali Civili di Brescia Diaw Keba, lavoratore di 58 anni, nato in Senegal e residente a Treviolo. Era stato vittima di infortunio sul lavoro il 28 novembre, presso la ditta DEA Montaggi con sede a Castelli Calepio. Mentre stava eseguendo lavori di saldatura di un traliccio di acciaio del peso di circa 35 quintali e lungo circa 4 metri, eseguendo autonomamente anche la sua movimentazione con carroponte, Keba è rimasto schiacciato tra il traliccio e altri manufatti dell’officina.

Dipendente della ditta «esterna» Metalmec srl con sede a Cassano d’Adda, operava con un contratto di appalto presso la DEA Montaggi di Castelli Calepio. Purtroppo la nostra provincia, continua a rinforzare negativamente il suo primato di “morti bianche” per il 2018 in Lombardia: con la scomparsa di Diaw Keba, diventano 21 gli infortuni mortali dall’inizio dell’anno, occorsi a lavoratori bergamaschi.

«Con questi numeri, si ha l’idea di un mondo del lavoro più simile a un fronte di guerra che a un ambiente sicuro e adeguato agli standard di sicurezza previsti per legge – commentano AngeloChiari, Danilo Mazzola e Saverio Capuzziello per le Segreterie Provinciali di CGIL CISL UIL Bergamo. Si sconta l’assenza di un numero sufficiente d’ispettori del lavoro che dovrebbero controllare in maniera efficace i cantieri e i diversi luoghi di lavoro a rischio. Invece, il numero degli ispettori è inferiore alle necessità e i controlli sono sporadici e non adeguati ad arginare una piaga sociale di queste proporzioni. CGIL, CISL e UIL continuano a chiedere risorse anche aggiuntive a quelle derivanti dalle sanzioni, personale e piani programmati di intervento anche nei settori meno indagati, come quello degli appalti. Occorre anche un impegno comune sulla formazione continua e adeguata ai cicli produttivi, non solo per il personale preposto. Continuiamo a ripetere che serve una cultura della sicurezza che vada oltre la repressione, ma che abbracci sia la formazione che l’informazione. Su questi temi il governo dovrebbe coinvolgere le parti sociali. Invece, assistiamo quotidianamente a una strage senza fine nell’indifferenza dei più. La sicurezza sul lavoro non è un optional e non è un costo per le imprese. La sicurezza sul lavoro è garanzia della vita delle persone e del futuro delle aziende. Non ci stancheremo mai di pretendere che il lavoro sia sicuro, che vengano rispettate tutte le prescrizioni che spesso vengono ignorate o aggirate, cosa che in tanti casi i lavoratori sono costretti ad accettare a causa della necessita di garantirsi un reddito, la sicurezza sul lavoro non fa ancora parte del “dna” di tutte le imprese».

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