Cellule di lievito modificate immagazzinano la luce

Due campi apparentemente lontani come i biocarburanti di nuova generazione e la ricerca sull’invecchiamento sono ora uniti da ‘super-cellule’ di lievito: questi organismi, normalmente amanti del buio, sono stati infatti modificati per renderli in grado di utilizzare la luce come fonte di energia, e ciò grazie all’aggiunta di un singolo gene. Il risultato, pubblicato sulla rivista Current Biology da un gruppo di ricercatori guidato dall’Istituto Tecnologico americano della Georgia, potrebbe segnare grandi miglioramenti per la produzione di biocarburanti e, dal momento che la modifica riduce gli effetti dell’invecchiamento nel lievito, può portare nuove conoscenze anche in questo ambito.

“Siamo rimasti francamente scioccati da quanto sia stato semplice trasformare il lievito in un organismo fototrofo (cioè in grado di sfruttare l’energia della luce)”, commenta Anthony Burnetti, coordinatore dello studio che vede come primo autore Autumn Peterson. “Tutto quello che abbiamo dovuto fare è stato spostare un singolo gene – aggiunge Burnetti – e le cellule sono state in grado di crescere il 2% più velocemente alla luce che al buio. Senza alcuna regolazione particolare, ha funzionato e basta”.

I ricercatori hanno raggiunto il loro obiettivo grazie alla rodopsina, una proteina che può convertire la luce in energia senza l’aiuto dei complessi macchinari cellulari presenti nelle piante, che sono molto difficili da trasferire in altri organismi. Il comune lievito di birra è stato così equipaggiato con il gene per la rodopsina ottenuto da un fungo parassita, permettendogli di crescere più velocemente alla luce e conferendogli un enorme vantaggio in termini di evoluzione. Oltre all’invecchiamento e ai biocarburanti, su cui sono già in corso nuovi studi, i ricercatori sono interessati a esplorare come questo nuovo ‘super-potere’ potrebbe influenzare la trasformazione del lievito unicellulare in un organismo multicellulare.

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