Gli orti urbani sono 6 volte più inquinanti di quelli in campagna

Frutta e verdura coltivate in orti e giardini urbani sono circa 6 volte più inquinanti di quelle prodotte nei campi tradizionali: in media, una porzione di cibo coltivata in città equivale a 0,42 chilogrammi di CO2, contro gli 0,07 chilogrammi generati dall’agricoltura convenzionale. Lo ha calcolato uno studio guidato dall’Università americana del Michigan e pubblicato sulla rivista Nature Cities, che ha coinvolto agricoltori e giardinieri di Francia, Germania, Polonia, Regno Unito e Stati Uniti.

La causa principale starebbe nei materiali utilizzati per costruire le infrastrutture: le fattorie urbane sono solitamente sfruttate solo per pochi anni, dunque l’impatto della loro costruzione risulta molto oneroso in termini di emissione di gas serra. L’agricoltura urbana, cioè la pratica di coltivare frutta e verdura all’interno delle città, sta diventando sempre più popolare: secondo alcune stime, tra il 20% e il 30% della popolazione urbana globale è impegnata in qualche forma di agricoltura urbana.

Tuttavia, nonostante le prove evidenti dei suoi benefici sociali e nutrizionali, la sua impronta di carbonio resta poco analizzata. Per colmare questa lacuna, i ricercatori guidati da Jason Hawes e Benjamin Goldstein hanno raccolto dati da 73 orti urbani di 5 paesi, prendendo in considerazione fattorie urbane gestite professionalmente, orti gestiti da singoli e i cosiddetti orti collettivi. Per ciascun sito, gli autori dello studio hanno calcolato le emissioni di gas serra associate ai materiali e alle attività.

I risultati hanno rivelato che l’agricoltura urbana ha emissioni di carbonio 6 volte più elevate per porzione di cibo rispetto a quella convenzionale. Alcune colture, però, fanno eccezione: sono quelle generalmente coltivate in serra come i pomodori, che hanno un impatto climatico inferiore se coltivati all’aperto, e quelle molto deperibili che vengono trasportate per via aerea, come asparagi e frutti di bosco.

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