Il più grande primate al mondo si estinse a causa del clima VIDEO

"La storia di Gigantopithcus blacki è un enigma in paleontologia: come ha potuto una creatura così possente estinguersi in un momento in cui altri primati si stavano adattando e sopravvivevano? La causa della sua scomparsa è diventata il Santo Graal di questa disciplina”, spiega il paleontologo e co-autore dello studio Yingqi Zhang, dell’Istituto di Paleontologia dei vertebrati e Paleoantropologia presso l’Accademia cinese delle scienze.

Per fare luce sulla questione, i ricercatori hanno raccolto e datato una serie di reperti fossili ritrovati in 22 caverne cinesi: in particolare, i denti di G. blacki e quelli del suo parente più prossimo (il primate Pongo weidenreichi) sono stati esaminati per determinare i cambiamenti nella dieta e nel comportamento di queste due specie proprio nella finestra temporale in cui ci sarebbe verificata l'estinzione del gigantopiteco. I dati sono stati poi incrociati con quelli ottenuti dalle analisi di pollini antichi e isotopi stabili che hanno permesso di ricostruire le condizioni ambientali dell'epoca.

Lo studio dei pollini dimostra che 2,3 milioni di anni fa questi primati vivevano in un habitat caratterizzato da foreste molto fitte con una consistente disponibilità di acqua. Poco prima e durante la finestra di estinzione (295.000-215.000 anni fa), i cambiamenti climatici hanno stravolto il paesaggio riducendo la copertura offerta dalla foresta. Nello stesso periodo la dieta del gigantopiteco è diventata sempre meno variegata e il suo consumo di acqua meno regolare: questi fattori hanno aumentato lo stress cronico (di cui è rimasta traccia nei denti) e di conseguenza gli esemplari di G. blacki hanno visto progressivamente ridursi il loro numero e la loro diffusione sul territorio. Al contrario, P. weidenreichi è riuscito ad adattarsi meglio evitando il declino.

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