Il primo buco nero mai fotografato, M87*, sta perdendo una grande quantità di energia, paragonabile a quella che si otterrebbe facendo esplodere una quantità di tritolo pari alla Terra fino a mille volte al secondo per milioni di anni. La scoperta, che conferma una delle previsioni della teoria della relatività di Einstein, è pubblicata su The Astrophysical Journal da un gruppo di astrofisici guidato dall'Università di Princeton. Situato al centro della galassia Virgo A, a 55 milioni di anni luce da noi, il buco nero supermassiccio M87* è stato il protagonista della prima immagine di un buco nero pubblicata dall’Event Horizon Telescope (Eht) nel 2019, definita da molti come l'immagine del secolo. Oltre ad aver conquistato questo primato, M87* sembra poter sfatare alcuni stereotipi sui buchi neri, come quello che li vuole capaci solo di inghiottire tutto ciò che si trovi nelle vicinanze (gas, stelle, pianeti e persino altri buchi neri). In realtà, M87* sta anche restituendo qualcosa all'universo, cedendo energia. A settembre, nuove osservazioni con l'Eht hanno dimostrato che M87* ruota su se stesso, trascinando con sé il suo campo magnetico e il vicino 'tessuto' dello spazio-tempo. All’inizio di novembre, un'altra immagine ottenuta dall’Eht nel 2021 ha dimostrato che il campo magnetico di M87* è abbastanza forte da impedirgli a volte di divorare la materia vicina. Ora, una nuova analisi dell’immagine rivela che il campo magnetico è responsabile anche del rallentamento della rotazione del buco nero, come una trottola che decelera nel tempo. L'energia emessa durante questo processo auto-frenante si allontana lungo la direzione del campo magnetico. I ricercatori stanno valutando la possibilità (teorica ma comunque entusiasmante) che l’energia emessa possa fluire in un altro buco nero. È anche probabile che il flusso di energia alimenti il getto che esce dal buco nero, che secondo ricerche precedenti varia su un ciclo di 11 anni. I modelli mostrano che la quantità di energia in uscita dal buco nero è simile a quella di cui hanno bisogno i getti che, spiegano i ricercatori, sono simili a "spade laser di Jedi lunghe milioni di anni luce" che si estendono per distanze fino a 10 volte la lunghezza della nostra Via Lattea.
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