Il fantasma
di Bin Laden

Alla fine Robert Redford se ne va, sgommando con la Porsche Carrera verde oltre la sbarra del parcheggio della Cia, già proiettato verso il ponte sul Potomac. Nell’ultimo giorno di lavoro, prima di andare in pensione, l’ha fatta grossa: ha ritirato tutti i suoi risparmi e li ha usati per corrompere funzionari del partito comunista cinese allo scopo di far liberare Brad Pitt dalla prigione di Su Chou.

Operazione Cena fuori. Titolo del film di una quindicina d’anni fa: Spy game. Impatto politico, nessuno. Oggi invece imperversa a livello mediatico la polemica contro l’amministrazione Obama perché - secondo una ricostruzione giornalistica - la famosa operazione dei Navy Seals nella villetta pakistana di Abbottabad con conseguente uccisione di Osama Bin Laden, sarebbe stata favorita dai servizi segreti pakistani opportunamente foraggiati con 25 milioni di dollari.

Il giornalista che ha lavorato di revisione della verità storica non è un pivello di redazione, ma Seymour Hersch, vincitore di un premio Pulitzer, colui che svelò il massacro di My Lai in Vietnam, le torture ad Abu Ghraib e prese la cantonata del coinvolgimento dell’ambasciatore americano nel golpe cileno di Pinochet (smentita da 25.000 battute sul New York Times).

Quindi, per catturare e giustiziare il mandante della strage delle Torri Gemelle, gli americani potrebbero avere pagato e Obama non l’avrebbe detto al mondo. Continuiamo a chiederci dove sia lo scandalo, poiché siamo convinti che i servizi siano segreti proprio per mantenerli, i segreti. E che tutto il resto sia già stato girato a Hollywood.

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