La pensione
di mamma

Non ci sono le pensioni per gli esodati, non ci sono i fondi per innalzare le minime, non c’è la legge nè la volontà di limare quelle d’oro, sulle quali fanno buona guardia i giudici della Corte Costituzionale. Però ci sono ingiustizie come questa, che gettano una lunga ombra sulla credibilità del sistema. A Treviso tre persone hanno incassato per anni le pensioni di madre, suocera e fratello senza averne diritto.

Ma una volta colte in fallo e denunciate per truffa aggravata all’Inps, sono state assolte dal giudice per intervenuta prescrizione o per cavilli legislativi pescati nella giungla italiana del diritto.

L’esempio più illuminante in una storia paradossale. Dopo una serie di indagini incrociate un uomo di 69 anni è stato smascherato, giudicato e condannato per avere incassato 37.000 euro di pensione della mamma, deceduta a 91 anni nel 1999. In primo grado era stato condannato a 2 mesi e 20 giorni, ma in appello - colpevole la lentezza della macchina amministrativa - il reato di truffa è risultato prescritto. Anche se fosse andato nuovamente a giudizio, l’imputato avrebbe avuto buone chances di farla franca perché la legge «non pone al cittadino alcun obbligo giuridico di denunciare all’Inps la morte di un congiunto».

In questo modo si esprimono alcune sentenze di Cassazione, di fatto tarpando le ali all’ente, già in difficoltà di suo nel rincorrere e trovare furbetti di vario genere. Se la realtà è questa, invece di premiare il cittadino onesto, Stato e Giustizia premiano chi fa lo slalom tra le leggi. E ne conosce perfettamente i buchi, più numerosi e grandi di quelli dell’acquedotto pugliese.

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