Milano capitale

Fra equilibrio ed equilibrismo c’è differenza. Il secondo è la degenerazione del primo, ma fa più notizia. Ammettiamolo. Così succede che, nel bel mezzo dell’uragano che si è abbattuto su Roma (Mafia capitale, il marziano come sindaco, gli scioperi a singhiozzo, i debiti dell’Atac e la monnezza per le strade) i media - voglio dire tutti i media possibili e immaginabili - riscoprono Milano.

Non una Milano qualsiasi, ma quella che conclude trionfalmente l’Expo. Niente di più facile che rinfocolare il dualismo, come fra Coppie Bartali, Mazzola e Rivera, Senna e Prost, Sgarbi e Bonito Oliva, e via appaiando. Del resto anche la semplificazione è molto popolare. L’operazione è simile a quella di certi chirurghi plastici, ma funziona. Milano diventa una città all’avanguardia (è vero), una città culturalmente internazionale (anche questo è vero), ma anche una città senza traffico, senza smog, con il cielo terso, dove crescono i limoni. E qui slitta la frizione. Diceva provocatoriamente Indro Montanelli negli anni Settanta: «Milano è una piccola città europea, Roma una grande capitale africana». Un’iperbole che si può discutere, senza arrivare al culmine del sabba in atto: «Milano è di nuovo la capitale morale».

Vorremmo ricordare che solo sei mesi fa si parlava di tentacoli della ’Ndrangheta in centro e in periferia, della mafia dei colletti bianchi e di nuove tangentopoli a singhiozzo. Tutto finito? Tutto spazzato via da Cantone e Sala? E il malaffare, e le mazzette passate ai giardinetti? Delle due l’una: o s’era esagerato prima oppure si sta esagerando adesso. Se fra Milano e Roma c’è un negozio che vende un chilo di equilibrio, lo compro.

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