«Amaltea», tradizione e fusion
nel locale firmato Faggionato

«Io abbino le mie esperienze e gli insegnamenti che ho ricevuto riconducendoli alla mia tradizione culinaria italiana. In poche parole non mi sento un artista o un esteta, faccio solo quello che mi piace». Sono le parole di Gabriele Faggionato, chef di origine vicentina, allievo di Carlo Cracco, che nel suo curriculum vanta esperienze parigine da Ze Kitchen Galerie, famoso ristorante guidato da William Ledeuil, innovatore della cucina fusion.

Parole in apparenza semplici quelle di Faggionato dettate dalla passione che è diventate grande arte culinaria. A 25 anni, lo chef ha deciso di mettersi in gioco in prima persona rilevando un anno fa una vecchia trattoria fra via Carlo Farini e i binari ferroviari della stazione Garibaldi a Milano.

«Amaltea», in  via G. Pepe, 38, è il nome del ristorante (parcheggio convenzionato a pochi metri, in via Ugo Bassi 6) arredato con gusto e sobrietà. Pochi fronzoli e molta sostanza. Come nei menu.

La cucina di Faggionato non è mai scontata, non scade nella banalità delle proposte. E anche ai piatti della tradizione, lo chef è capace di conferire quell'ingrediente in più che ne esalta l'aspetto e il gusto al palato.

Merito anche della continua ricerca, unita allo studio e alla rielaborazione delle tecniche di lavorazione. Conoscere prodotti e tradizioni di altri Paesi per Faggionato è una necessità. Non a caso è anche autore di una insolita quanto originale «Guida ai mercati metropolitani» dedicata a Milano.

Ogni mattina Faggionato seleziona personalmente i prodotti che provengono dai mercati della città. «Per me il mercato è un luogo affascinante e sempre solare, folkloristico, pieno di confusione, incasinato, ma allo stesso tempo rilassante - dice -. Un posto antico come la cività, dove fare affari e scambiare opinioni ed esperienze. Oltre ai prodotti che consideriamo familiari, vengono proposti cibi che sono quotidiani per altre popolazioni ed etnie ormai trasferite da decenni nella nostra città. Mi chiedo allora perché non approfittarne e conoscerli facendoli diventare parte della nostra ricca cultura?».

E allora torniamo ai menu. I piatti della tradizione italiana sono proposti in modo unico, che esulano da schemi precostituiti, ma non perdono la loro vera essenza.

La mano di Faggionato si rivela sin dagli antipasti: si va dal polpo alla gallega leggermente grigliato alla caponata di funghi thay, dal riso croccante con patate e cozze al «nuovo» viterllo tonnato, fino alla tartare di pesce con avocado e sedano rapa.

Fra i primi, da provare gli spaghettoni di grano Matt con acciughe e mollica di pane, la tradizionale pasta e ceci, il riso nero al salto, piatto tipico della tradizione milanese, reinterpretato usando il riso venere al posto del tradizionale riso allo zafferano e infine la crema di zucca con i topinambur.

Come secondo, andate sul sicuro con il pesce sempre freschissimo, ma non disdegnate una tartare di manzo o una guancia di vitello. Un angolo riservatelo al dolce.

«Amaltea» prende il nome da un animale della mitologia greca, ma a dispetto di una denominazione così sofisticata rappresenta un luogo semplice e accessibile nel rapporto qualità/prezzo.

Le recensioni sui principali siti enogastronomici (e non) attribuiscono ad «Amaltea» punteggi e commenti superlativi. «E' una festa per le papille» scrive un lettore di Tripadvisor.

Aperto il 13 dicembre 2011, Amaltea» - come recita il sito del ristorante - è nato «con la voglia di creare un luogo che potesse essere la casa di molti dove poter degustare le vecchie ricette della cucina italiana, e vorremmo che diventasse la vostra seconda casa». E i risultati gli stanno dando ragione.

Info www.ristoranteamaltea.it

E. R.

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