Farmaci inappropriati e in eccesso
20 anziani su 100 tornano in ospedale

Finalmente fuori dall’ospedale. Ma ecco che ne giro di tre mesi serve di nuovo un ricovero: è l’effetto «porte girevoli», che riguarda spesso gli over 65 e che secondo i dati raccolti nell’ambito del Registro nazionale REPOSI (REgistro POliterapie SIMI) dalla Società Italiana di Medicina Interna (SIMI), presieduta da Gino Roberto Corazza, dall’Istituto Mario Negri e dal Policlinico di Milano, dipende in larga misura dalla prescrizione di farmaci inappropriati e in eccesso.

Il 59% degli anziani quando arriva in ospedale prende oltre cinque medicinali al giorno, alla dimissione la percentuale sale al 72% e la maggioranza deve assumerne oltre sei; il carico aumenta spesso senza che ve ne sia un reale bisogno, perché ad esempio a un paziente su quattro vengono prescritti inutilmente antidepressivi e a due su tre gastroprotettori senza una vera utilità. Stando ai dati del Registro, sei pazienti su dieci sono perciò esposti ad almeno un’interazione rischiosa fra i tanti medicinali assunti, che in un caso su quattro può essere estremamente grave dal punto di vista clinico.

Così, gli esperti SIMI lanciano l’allarme: proprio per colpa dell’eccesso di farmaci inappropriati un paziente su cinque torna in ospedale nel giro di tre mesi dal primo ricovero. Basterebbe dare un taglio ragionato e appropriato alle politerapie negli anziani, prescrivendo solo i medicinali realmente necessari, che si ridurrebbero i ricoveri del 10-15% e si risparmierebbe il 30-40% sulle terapie per gli over 65, che oggi sfiorano i 16 miliardi di euro e drenano il 70% della spesa sanitaria nazionale per i farmaci.

Il Registro REPOSI, avviato nel 2008, include finora oltre 5000 anziani che sono stati ricoverati in 95 centri internistici e geriatrici di tutta Italia; per ciascuno sono state registrate diagnosi, prescrizioni ed esiti creando un quadro molto preciso delle condizioni degli over 65 italiani.

«I nostri dati confermano innanzitutto la grande prevalenza di malattie croniche, che riguardano il 38% degli over 65 e arrivano al 64% fra gli over 85, e la diffusione della multimorbilità, ovvero della presenza di varie malattie indipendenti contemporaneamente - spiega Pier Mannuccio Mannucci, direttore scientifico del Policlinico di Milano -. Sono questi i motivi che conducono alla polifarmacoterapia, che ha assunto ormai proporzioni enormi: oltre 6 milioni di anziani prendono ogni giorno più di cinque farmaci, 1,3 milioni ne assumono addirittura più di 10 . Purtroppo nel 60% dei casi sono esposti ad almeno un’interazione che in un caso su quattro può rivelarsi clinicamente grave: l’aumento del pericolo di reazioni avverse incrementa di conseguenza la probabilità di visite mediche, nuovi ricoveri e anche la mortalità. Alcuni farmaci ad esempio aggravano una delle patologie esistenti, nella cosiddetta “competizione terapeutica” che si stima riguardi il 20% degli anziani in politerapia. Spesso, inoltre, la comparsa di complicazioni o nuovi sintomi correlati a prescrizioni inappropriate viene interpretata come lo sviluppo di nuove malattie: per cui sono prescritti altri medicinali, in una “cascata prescrittiva” dagli effetti esponenzialmente negativi. Gli errori di prescrizione, inoltre, sono più probabili quando il paziente assume molti farmaci».

Gli anziani spesso sono curati troppo e male: secondo i dati raccolti attraverso il Registro REPOSI, a molti vengono prescritti farmaci inutili per il loro caso, come antidepressivi o grastroprotettori, mentre a uno su tre non viene dato un antitrombotico che sarebbe necessario per evitare l’ictus cerebrale e al 40% viene raccomandata una terapia antitrombotica inappropriata.

«Purtroppo il tasso di politerapia non migliora durante il ricovero: la frequenza di multi-prescrizioni in generale è del 52% all’ingresso in ospedale e sale addirittura al 67% alla dimissione - fa notare Mannucci -. Ciò significa che il ricovero non è l’occasione per un ripensamento della strategia terapeutica nell’ottica di una riduzione del carico farmacologico, anzi è piuttosto un momento in cui si aggiungono ulteriori medicinali. Tutto questo si traduce nel fenomeno delle “porte girevoli”: entro appena tre mesi un paziente su cinque torna in ospedale, senza contare che l’eccesso di medicine aumenta anche la mortalità. I dati dimostrano che il primo e più importante obiettivo deve essere, al momento del ricovero e alla dimissione, una revisione critica del carico di farmaci per stabilire priorità terapeutiche e “tagliare” quelli inutili o inappropriati: riuscirci comporta anche una maggiore aderenza alle terapie davvero essenziali, con un miglioramento della loro efficacia e della qualità della vita del malato. La frammentazione delle cure prescritte indipendentemente da diversi specialisti medici è un ostacolo al benessere dei pazienti: problemi e bisogni devono essere valutati in maniera complessiva e coordinata, così da realizzare una medicina realmente personalizzata ed efficace. In questo senso l’internista, che è il medico della complessità e possiede una visione generale del paziente, può costituire il punto di riferimento per le scelte terapeutiche».

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