Procardis è un consorzio europeo tra i ricercatori dell' Istituto Mario Negri di Milano, del Wellcome Trust Centre e della Clinical Trials Service Unit dell'Università di Oxford, insieme a quelli del Karolinska Institute di Stoccolma e dell'Università di Munster.
Lo studio ha analizzato il Dna di 16 mila europei, dimostrando che tra le diverse varianti del gene Apo-A due in particolare sono associate all'aumento di questa lipoproteina nel sangue, e contribuiscono quindi a causare lo sviluppo della malattia coronarica e dell'infarto.
La scoperta è ancora più importante se si considera che una persona su sei è portatrice di una di queste due varianti nel suo Dna, e ha di conseguenza un rischio di infarto raddoppiato rispetto ai soggetti con i geni 'classicì; chi è portatore di entrambe le varianti ha un rischio quadruplicato.
«La lipoproteina A - aggiungono gli scienziati - è un fattore di rischio cardiovascolare indipendente da quelli tradizionali come colesterolo totale, ipertensione, diabete, obesità e fumo. I suoi effetti si sommano quindi a quelli dei fattori di rischio più conosciuti».
«Si conosce ancora poco di questa lipoproteina - spiega Maria Grazia Franzosi del Mario Negri, che ha coordinato lo studio per l'Italia - ed è un tipo di colesterolo cui si dovrà dedicare più attenzione nell'immediato futuro. La dieta, l'esercizio fisico e le statine sono poco efficaci nell' abbassare i suoi livelli, mentre sembrano funzionare alcuni farmaci esistenti da tempo come la niacina e altri in arrivo sul mercato come l'anacetrapib. Il nostro studio apre nuove strade per la ricerca di trattamenti efficaci nella prevenzione: ora che sappiamo che la lipoproteina A è causa di malattia coronarica, sarà opportuno condurre studi clinici per valutare se i farmaci che ne riducono i livelli prevengono l'infarto».
Il rischio di aumento dell'infarto causato dalla lipoproteina è comunque inferiore a quello determinato da un elevato colesterolo «cattivo»:«La speranza - conclude Franzosi - è che curandoli entrambi il rischio di infarto si possa ridurre ulteriormente».
© RIPRODUZIONE RISERVATA