Terremoto, etica
ed antropologia

La pietà per i 294 morti, per le centinaia di feriti, per il dolore dei sopravvissuti, per le vite sconvolte ha dato spettacolo. Necessario, si intende.

Ha fatto crescere dal profondo del Paese un moto di solidarietà e di condivisione, il Paese migliore, benché non siano mancati episodi di sciacallaggio politico: togliamo i letti agli immigrati per darli ai terremotati! Tuttavia, anche l’intelligenza deve fare la propria strada, deve bucare lo schermo luminoso della pietas per arrivare al lato d’ombra del Paese. Perché, dietro la tragedia, si intravede un intrico di faciloneria, complicità tra cittadini e amministratori, corruzione e ricerca del consenso ad ogni costo, sperperi e latrocini, regole minuziose e paralizzanti, inventate dalla politica e dell’Amministrazione non per difendere i cittadini, ma per tutelare se stessi.

Il Paese è anche questo. Non è un altro Paese: quello che piange e quello che approfitta, la formica e la cicala sono gli stessi e si incontrano spesso nella stessa persona. E quando le persone, colpite dal dolore e dal terrore, si fermano a riflettere, cercano le colpe fuori di sé: i soccorsi in ritardo, la pretesa che si ricostruisca in un battibaleno, le accuse alla politica e alle amministrazioni. Eppure, si sono ricevuti i soldi, a suo tempo, per mettere in sicurezza antisismica, si sono spesi in fretta e furia, ma solo per ristrutturare, si sono perpetrati abusi edilizi con la complicità dei geometri comunali e degli assessori o sindaci, che spesso hanno dato gli appalti senza verifiche e controlli, si sono votati partiti.

Forze politiche e sindacali, di cui le Amministrazioni sono espressione diretta o indiretta, hanno assecondato. L’importante era far lavorare. Ah, il maledetto consenso democratico, vitello d’oro cui si immolano la coscienza e la responsabilità individuale, alibi per ogni immoralità pubblica! Come se il consenso fosse un’indulgenza plenaria, un lavacro delle colpe. Il consenso conquistato, senza dire la verità alle persone, alle collettività, al Paese, diviene una truffa, di cui sono colpevoli tanto i truffatori quanto i truffati.

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