Un Paese senza figli
Paese senza futuro

Il 2014 per il nostro Paese è stato un annus horribilis: a fronte di quasi 504 mila nascite, il valore più basso dall’Unità in poi, sono avvenuti 598.364 decessi. Dunque, uno squilibrio di 95.768 unità, «che rappresenta – come ha ricordato l’Istat – un picco negativo mai raggiunto dal biennio 1917-18».

Ma su quei due anni pesò la prima guerra mondiale, con 600 mila soldati italiani morti, in pratica un’intera generazione spazzata via a colpi di mitraglia sulle Alpi. L’Istat ha calcolato che in Italia il Tasso di fecondità totale, cioè il numero medio di figli per donna, è 1,37, viziato dalle nascite nelle coppie con almeno uno dei partner straniero. Del poco più di mezzo milione di bambini nati nel 2014, quelli da genitori entrambi italiani erano 398.540. Il tasso di fecondità scende, dunque, a 1,29 figli. E se torniamo indietro di un altro decennio, nel 1986, il tasso era di 1,37, come adesso. Questo ci dice due cose: le trentenni e le quarantenni adesso sono a loro volta figlie della denatalità nelle generazioni precedenti; oggi, in proporzione, ci sono meno donne in età riproduttiva rispetto a venti, trenta, quaranta anni fa.

È chiaro che tutto questo viene appesantito dalla crisi economica, la più dura dopo quella del 1929: in sette anni, questa, sommata alle politiche di austerità, ha avuto sui giovani l’effetto di una catastrofe sociale. Più del 40% dei giovani non riesce a trovare lavoro, e quando lo trova, scopre che con i salari da fame che corrono, tra i 400 e i 600 euro mensili, è impossibile mettere su famiglia e progettare di avere figli. Di questo passo, si rischia di vedere bruciata non solo un’intera generazione, come accadde dopo la prima guerra mondiale, ma anche di dare un colpo di acceleratore a quello che diversi studiosi chiamano il «suicidio demografico dell’Italia».

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