Bar no slot, ecco le vetrofanie
«Sarà il bollino delle famiglie»

Adesivo in regalo ai locali che hanno aderito alla nostra campagna. Il debutto in via Paglia: «Ci crediamo». Segnalazioni a quota 264.

Sempre di più, sempre più identificabili. I locali senza newslot che hanno aderito alla campagna lanciata da L'Eco di Bergamo hanno raggiunto quota 264, ma le segnalazioni non accennano ad esaurirsi. Ora potranno «metterci la faccia», due volte. Anzitutto in vetrina, grazie alla vetrofania che L'Eco di Bergamo regalerà a quanti hanno segnalato il proprio locale «slot free».

L'adesivo giallo-fuxia che recita «Questo è un locale no slot» ha fatto la sua prima uscita ufficiale ieri pomeriggio, per un'anteprima che ha toccato alcuni locali del centro di Bergamo. Gente della prima ora, gestori che hanno risposto al nostro censimento fin dall'inizio, convinti che no, le macchinette dai loro bar se ne stanno fuori. Chi la pensa come loro potrà quindi venire a ritirare le vetrofanie a partire da lunedì (nell'articolo a fianco i dettagli dell'operazione), e sarà allora che ci potrà mettere – di nuovo – la faccia.

Giunti nel palazzo de L'Eco, i titolari dei locali noslot potranno infatti essere ritratti e partecipare de visu alla nostra iniziativa, comparendo sul nostro sito internet. Proprio come i primi tre loro colleghi che ieri hanno incollato sulle loro vetrine il nostro adesivo. È comparso fuori dal Mexico café di via Paglia 10, snack bar rigonfio di impiegati all'ora di pranzo e caffetteria a misura di famiglia a colazione e all'ora di merenda. Facile trovare sotto il bancone qualche bimbetto festante, appena uscito dall'asilo infantile Borgo Porta Nuova che il locale si ritrova dirimpetto. È proprio per questo che Simone e Marisa Casu, gestori del bar da due anni e mezzo, hanno deciso di non cedere agli inviti dei noleggiatori di newslot.

«L'ultimo è arrivato proprio il giorno dopo che il nostro nome era comparso su L'Eco, nell'elenco dei bar senza macchinette – spiega divertito il titolare –. No, qui non le abbiamo mai tenute e mai le terremo: abbiamo due scuole proprio dall'altra parte della strada (oltre alla materna, in via Nastro Azzurro c'è anche la succursale del liceo classico Paolo Sarpi, ndr), questione di posizione». Casu era stato battuto sul tempo dalla moglie Marisa che giorni fa ci aveva scritto: «Abbiamo scelto di non tenere slot principalmente per principio, essendo a conoscenza della dipendenza che possono causare (in un momento così critico per molte famiglie, è vergognoso che individui siano capaci di sperperare il loro intero stipendio in poche ore), e anche perché non averle concede la possibilità di vivere il bar con serenità a una clientela più "delicata" come mamme con bambini e famiglie».

Lo stesso concetto viene ribadito da Carla De Franceschi, da 12 anni titolare del bar La Pausa di via Paglia al civico 4. «Da noi vengono tanti studenti – spiega sorridente mentre incolla la vetrofania –, non vogliamo che il nostro locale offra la tentazione di giocare in modo forsennato. E poi se uno vuol fare una pausa (di qui il nome del bar, ndr) non deve per forza ritrovarsi accanto qualcuno che si perde davanti a una macchinetta». De Franceschi ammette di aver «molto apprezzato la vostra iniziativa. Ci ha colpito leggere di come lo Stato dia in concessione questo tipo di apparecchi e poi debba pure sborsare soldi per curare chi si ammala di gioco. È paradossale».

A pochi passi da questo baretto caldo e familiare c'è il «Black and white» che fa angolo con via Paleocapa. Bianco e nero, cioè aperto di giorno e di notte, dalla prima colazione con cornetti freschi al dopocena che fa tanto tendenza, ma senza slot. Eccola Gloria Ceruti mentre posa con la vetrofania che lo dichiara a chiare lettere. «Non le abbiamo mai tenute, questo discorso non ci ha mai interessato – spiega lei che è socia del locale insieme a Severo Angiolini –: meglio evitare di ritrovarsi qualcuno che magari impreca perché non vince».

Marta Todeschini

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