Scommesse: sistema iniquo
che massacra soltanto i deboli

di Xavier Jacobelli
Caro direttore, l'ultima barzelletta su Scommessopoli l'ha raccontata Giancarlo Abete, presidente della Federcalcio, organizzazione al cui interno ha ricoperto il primo alto incarico nell'89, quando cadde il Muro di Berlino. Peccato non faccia ridere.

di Xavier Jacobelli
Caro direttore, l'ultima barzelletta su Scommessopoli l'ha raccontata Giancarlo Abete, presidente della Federcalcio, organizzazione al cui interno ha ricoperto il primo alto incarico nell'89, quando cadde il Muro di Berlino. Peccato non faccia ridere.

Il pm cremonese Di Martino ha rilasciato un durissimo commento sul verdetto di primo grado a proposito di Genoa-Lazio e Lazio-Lecce, affermando che, se dipendesse da lui, ordinerebbe di nuovo l'arresto di Mauri.

Piccato per queste parole, il già vice di Carraro per dieci anni e suo successore dal 2007, trionfalmente rieletto sette mesi fa con una percentuale nordcoreana (94,34%), ha dichiarato: «Le parole del procuratore Di Martino mi sembrano onestamente poco comprensibili. Bisogna rispettare i ruoli, anche perché una sentenza non la scrive l'accusa».

Traduzione dall'abetese all'italiano: caro Di Martino, anche se hai avuto il merito di scoperchiare il verminaio delle scommesse, autentico cancro del nostro calcio di cui manco c'eravamo accorti, occupati delle tue inchieste che noi ci occupiamo delle nostre.

E non sono affari tuoi se, due anni fa, sulla base di meri indizi, il nostro sistema ha stangato l'Atalanta (8 punti di penalizzazione in due stagioni: la confessione di Doni arrivò dopo il secondo grado di giudizio), il Siena, la Cremonese che per prima denunciò lo scandalo e tutti gli altri pesci piccoli senza santi in paradiso, mentre oggi occorrono riscontri. Già, i riscontri.

Proprio su L'Eco di Bergamo, l'avvocato Cesare Di Cintio, brillante esperto di diritto sportivo, ha messo il dito nella piaga: «Il vento è cambiato. Ora servono le prove. E, contro Mauri, fin dall'inizio le prove non erano così schiaccianti».

Gli antichi padri ammonivano: in dubio pro reo. E saremmo anche d'accordo, se la regola valesse per chiunque. Invece, qui sembra di essere nella Fattoria degli Animali dove tutti sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri.

In due anni ne abbiamo viste di ogni colore: siamo passati dal giustizialismo 2011 al garantismo 2013, sommersi da una valanga di derubricazioni, proscioglimenti, penalizzazioni revocate e via picconando Palazzi che, si presume debba avere qualche motivo per essere fortemente incazzato con il Sistema Figc che lo sconfessa a ogni pié sospinto.

Per non parlare della responsabilità oggettiva, la stessa che ha massacrato l'Atalanta e tutti gli altri club incolpevoli delle malfatte dei tesserati condannati. Poi, «il vento è cambiato». Secondo una casistica ufficiale che arriva sino alla primavera scorsa, il Tribunale Nazionale dell'Arbitrato Sportivo (Tnas) ha convalidato solo 5 sentenze su 63 dei precedenti gradi di giudizio, praticando 345 mesi di sconto sul monte squalifiche complessivo.

All'anima della certezza del diritto. Qui non si tratta di guardare il dito che indica la Luna. Cioè di argomentare che, siccome Lotito è uno dei potenti del calcio italiano (ma chi ha votato in Lega per portarlo al potere assieme a Galliani, Babbo Natale?), la sua società abbia ricevuto un trattamento smaccatamente di favore: primo perché non ci sono prove, visto che parliamo tanto di prove; secondo, perché, evidentemente, gli avvocati della Lazio hanno fatto bene il loro mestiere; terzo, perché in un sistema di giustizia ordinaria e non medievale come quella del calcio, non è l'incolpato che debba dimostrare la propria innocenza e ci vogliono le prove.

Qui si tratta di affermare che l'Atalanta e gli altri puniti con la massima severità, sono stati massacrati da un sistema iniquo, ingiusto, capace di seminare figli e figliastri, forte con i deboli e debole con i forti. Altro che deferire il club di Percassi e l'ignaro tesserato Migliaccio per essere salito sul carramato alla Festa della Dea: l'ultima farsa di una giustizia sportiva secondo la quale, invece, nel caso di Genoa-Lazio e Lecce-Genoa, gli illeciti sono stati consumati, ma le prove a carico degli imputati sono risultate insufficienti quando addirittura inesistenti.

Vedremo che cosa accadrà davanti alla Corte di Giustizia Federale ed eventualmente davanti al Tnas. Intanto, l'Atalanta schiuma rabbia in privato, ma, in pubblico, non indulge né al vittimismo né alla protesta fine a se stessa. Percassi fa bene: sarebbe tutto inutile. La rivincita bisogna prendersela sul campo. E, possibilmente, anche in Lega e in Federazione, quando si deve scegliere per chi votare e, magari, si votano quelli che ti mettono i piedi in testa.

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