I Di Francesco a Bergamo?
Per fortuna sono finiti

L’alfabeto in chiave atalantina che scaturisce dall’ironica penna di Pier Carlo Capozzi. Tutto da leggere.

AMARCORD

La mitica semifinale Atalanta-Malines ha festeggiato 29 anni proprio due giorni fa. Indimenticabile tutto, anche il rigore non fischiato a Stromberg dal signor Butenko (Urss). Quando gli abbiamo detto che ad arbitrare col Bologna ci sarebbe stato Russo, Glenn, a distanza di tanto tempo, s’è imbufalito di nuovo.

BRIVIDI

Chissà se l’avrà visto, Michele Scarponi, il minuto di raccoglimento dedicato a lui in questa tristissima giornata. Michele, scalatore sopraffino, è arrivato in cima alla montagna più alta, quella dalla quale non si ritorna, quella dove lo scollinamento non è previsto. Ma l’ha fatto con troppo anticipo, accidenti. Se si può dire, è stato un minuto di silenzio bellissimo. Finalmente non s’è sentita volare nemmeno una mosca. Anzi, come se ci fosse stato un accordo, in sottofondo squillavano i rintocchi delle campane del Santuario di Borgo Santa Caterina, quelle che chiamano a raccolta i fedeli per la messa vespertina. Silenzio e campane. E un applauso liberatorio alla fine. E il segno di croce dell’arbitro. Buon viaggio, Michele.

CHAIRMAN

Che poi, con parole nostre, sarebbe il presidente. Ebbene la massima carica nel Bologna è quella di Joey Saputo, facoltoso industriale caseario canadese, con la medesima carica nell’Impact de Montréal. Considerando la sua professione, chissà come si sarà arrabbiato vedendo, nel primo quarto d’ora di partita, i suoi giocare come tante mozzarelle e beccare due gol. Avrà magari pensato all’Emmenthal ed ai buchi in difesa. Il presidente canadese è anche famoso per le sue frasi ad effetto. La prima parte di una di queste recita. «In campo si può vincere o perdere, ma l’importante è non dimenticare mai chi siamo». Che sembra una sintesi tra l’assassinio del pareggio e la lotta all’Alzheimer. Comunque, caro Joey, l’abbiamo sempre Saputo.

ENEL

Arrivando allo stadio in una splendida serata di primavera, con quella luce stagionale che favorisce le passeggiate e lo sbocciare dei primi amori, ci siamo meravigliati nel vedere i riflettori accesi come se si giocasse in notturna. Ne conosciamo il motivo. Siccome il nostro campionato è in mano alle televisioni, che sono poi quelle che cacciano il grano («Presidente Saputo, abbiamo scritto grano, non Grana»), ecco che le luci supplementari, che a noi appaiono superflue, sono in realtà utilissime per l’alta definizione. E fin qui ci siamo. Sono le maglie giallo-fluorescente del Bologna che ci lasciano senza risposta. A meno che si prevedesse nebbia.

MISURA

Donadoni aveva in panchina Oikonomou e Okwonkwo. Gli è mancato il coraggio di farli entrare tutti e due, ed ha schierato solo il secondo. Di problemi, tra chi deve scrivere di Atalanta, ce ne sono abbastanza.

PAURA

Nelle due ultime partite in casa, l’Atalanta ha dovuto fare i conti con la famiglia Di Francesco. Eusebio, il papà, ottimo trainer del Sassuolo, è venuto qui, ci ha spaventato a morte e si è portato via un punto. Meno male che dietro, in classifica, le altre hanno giocato a ciapanò. Ieri Federico, il figlio, ha gran merito sul primo gol di Destro (la lecca in porta era sua) ed ha segnato il gol del momentaneo pareggio. In quanto a spaventi questi Di Francesco ci ricordano un’altra famiglia. Gli Addams.

© RIPRODUZIONE RISERVATA